Orizzonti senza guerra

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Moni Ovadia

Orizzonti senza guerra

La guerra portata dal presidente russo Vladimir Putin contro l’Ucraina del presidente Volodymyr Zelensky dovrebbe sollecitare a noi cittadini dell’Occidente, non colpiti direttamente dal conflitto ma coinvolti economicamente dalle scelte dei nostri governanti, una domanda: vogliamo accettare le retoriche e le propagande che ci vengono proposte dall’inevitabile profluvio di informazioni, di chiacchiere pletoriche dei politologi e degli strateghi da talk show o vogliamo finalmente riattivare la nostra capacità critica per allargare lo sguardo oltre la cronaca e cercare di capire in che mondo vogliamo vivere?
E ancora: vogliamo finalmente bandire le guerre dalle relazioni fra genti e fra individui come afferma solennemente la nostra Costituzione? Allora in primo luogo dobbiamo uscire dalla logica delle fazioni e degli schieramenti confortati da stereotipi consolidati come per esempio: il buon Occidente democratico versus il sinistro Oriente slavo autocratico russo.

La russofobia, a mio parere, è una pericolosa patologia. Il buon Occidente democratico ha scatenato negli ultimi 25 anni cinque guerre criminali contro ogni regola del diritto internazionale: 70 giorni di bombardamento della capitale della Serbia, guerra contro l’Iraq con centinaia di migliaia di morti civili, bombardamenti in Somalia, catastrofe bellica della Libia e invasione dell’Afghanistan con una terrificante messe di vittime innocenti, per non cambiare nulla in vent’anni e con un dispendio iperbolico che ha arricchito solo l’industria delle armi. Quel colossale budget investito nell’economia civile avrebbe potuto produrre trasformazioni virtuose strabilianti. Poi, alla fine della devastazione e con l’abbandono del Paese, il popolo, in particolare le donne, è stato lasciato in balia dell’oscurantismo.
Con quale autorevolezza gli occidentali chiedono a Putin di rispettare la sovranità dell’Ucraina quando, solo per citare un caso, i governi israeliani da oltre cinquant’anni occupano terre palestinesi in violazione di ogni idea di diritto internazionale senza che i Paesi della Nato alzino un’unghia per impedirlo? Inoltre, un membro potente della Nato, la Turchia, da decenni massacra senza pietà il popolo curdo e nulla viene fatto per far cessare l’orrore.
A parte questi fatti che vengono a mostrare come l’alleanza atlantica faccia la parte del bue che dice “cornuto” all’asino, vengono anche diffuse stupidaggini come quella che il presidente della Federazione russa sarebbe il nuovo Hitler. Negli ultimi lustri abbiamo assistito al proliferare di nuovi Hitler, estratti come i conigli dal cilindro dei maghi dai fanfaroni del cosiddetto mondo “libero”. Ora, Vladimir Putin può essere criticato, denunciato, contrastato per le sue azioni ma senza sparare balle sesquipedali. E per essere chiari, lo scrivente, se fosse un cittadino russo, per la sua insopprimibile difesa dei diritti umani, verosimilmente si troverebbe ristretto in un carcere. Ma se si vuole tentare di capire e conoscere l’uomo e il politico che siede al Cremlino sarebbe almeno opportuno guardare la lunga intervista che il grande regista statunitense Oliver Stone gli ha fatto con profondità e perizia.

Le amministrazioni statunitensi hanno ripetutamente promesso a Putin “il terribile” che la Nato non si sarebbe allargata di un pollice oltre i confini dell’ex Ddr, ma le loro promesse si sono rivelate menzogne e l’alleanza si è allargata proprio ai Paesi dell’Europa orientale e ai Paesi ex sovietici. Da ultimo volevano provarci anche con l’Ucraina. Volevano proprio portare le armi ai confini della Russia. E hanno anche la faccia di stupirsi delle reazioni del leader russo. Vorrei anche ricordare che Putin ha ricevuto attestati di ammirazione e persino di riverenza da parte di molti politici occidentali. Mi torna in mente che solo pochi anni fa un nostro ex primo ministro, del quale ora non rammemoro il nome, sembrava il “compagno di merende” di quel tiranno che oggi viene spregiativamente chiamato lo zar.
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