Gli spaesati della campagna elettorale
È la prima volta, a mia memoria, che il PD si trova ad affrontare la presenza di un movimento progressista di peso (10% circa) al suo fianco. Fino a ieri si trattava di piccoli partiti od organizzazioni, verso i quali si comportava con noncuranza. Oggi no. L’effetto lo vediamo nella spaesatezza con cui i suoi dirigenti affrontano la questione. Sono partiti alla grande, con l’elmetto in testa, con la triade guerra-Europa-Draghi e oggi si trovano alle prese con temi come il lavoro e il disagio sociale. Senza la pressione dei 5stelle stavamo ancora alla narrazione salvifica dell’atlantismo. Mi pare anche che cresca fra i dirigenti PD e fra i militanti più fedeli un certo nervosismo, che fa perdere di lucidità. L’appello al voto utile, per dire, è partito con troppo anticipo, segno di un’angoscia e di una debolezza sin troppo ostentata, che mal dispone l’elettorato: perché votare per un partito che espone la sua crisi con tanta enfasi? Voi lo dareste il vostro voto a un perdente che si mostra tale con troppo anticipo? Io no, francamente. Sbaglierò, e domani scopriremo un PD trionfante al 40%. Ma per ora la sensazione è questa.


