Prendersela con il proporzionale che non c’è. Fatto!

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti

Federico Geremicca sulla Stampa di oggi esprime un monito. Dice che le trattative di governo e le fibrillazioni di queste ore sono roba da Prima Repubblica, e rievoca a questo proposito certi scenari notturni in cui, decenni fa, si trattava a oltranza sinché qualcuno non avesse ottenuto qualcosa, senza che ciò garantisse tuttavia un futuro politico più stabile. Geremicca dimentica che non siamo in un regime proporzionale (il Rosatellum è per il 37% maggioritario), e che le fibrillazioni politiche (chissà) dipendono da altro, ossia da un impoverimento della base politica e da una certa inconsistenza delle leadership attuali rispetto alla robustezza del personale politico di altri tempi.

Quasi cogliendo l’obiezione, si giustifica dicendo che le forze politiche, comunque, ‘pensano’ come se si fosse nel proporzionale: “ognuno per sé, il resto si vedrà”. Una sorta di proporzionale immaginario. Beh, tanto per chiarire, non tutti stanno adottando questa massima. Il PD e Leu, mi pare che facciano squadra, ben più di altri esponenti della compagine di governo, a partire da Renzi, che (come dice Geremicca) è “alle prese con una ripartenza irta di difficoltà e da nutrire con scarti e polemiche che segnalino, quotidianamente, l’esistenza in vita di un nuovo partito”. Ecco il punto, che la Stampa non può negare: ci sono segmenti politici molto ambiziosi, personalistici, tipici della Seconda Repubblica appunto, che sgomitano alla ricerca di un posto al sole, con effetti nefasti sull’intero arco politico.

Il fatto incontestabile, dunque, è l’assuefazione ai metodi ‘governisti’ introdotti dalla Seconda Repubblica. Prevale il mito del bipolarismo aggressivo, quello a cui basta un voto in più per instaurare un presunto ‘governo di legislatura’, inattaccabile persino dal Parlamento e tanto più dai partiti, pensati e praticati solo come contenitori elettorali di cose sparse. Eppure basterebbe ricordare che proprio in regime di Seconda Repubblica l’instabilità non è mai mancata, con interruzioni della legislatura, governi tecnici e cambi di premier in corsa, di cui alcuni davvero scandalosi (quello introdotto dall’hashtag #staisereno, per dire, che da quel momento è sinonimo di avvertimento e minaccia). La scorsa legislatura (introdotta dalla presunta sconfitta di ‘Italia Bene Comune’, che raccolse però più del 30%, di cui si giovò lo spargitore di serenità) ha visto tre premier all’opera, tutti e tre dello stesso partito! Altro che stabilità, altro che governo di legislatura, altro che ‘dalla sera stessa del voto’ si conosce la leadership vincente!

L’ideologia del maggioritario, che non ci salva comunque dai balletti e dai risentimenti tra gli spezzoni eterogenei del partito contenitore ‘tecnicamente’ vincente, è in realtà la responsabile della debolezza dei partiti stessi e della sprovvedutezza delle leadership coeve (non c’è leadership efficacie senza partito vero), queste sì effettive protagoniste della fibrillazione. Che oggi viene scambiata per l’effetto di un proporzionale che non c’è, quando invece è solo frutto di una decadenza politica arrembante, ingenerata, quest’ultima, proprio dalla fine del sistema dei partiti, che in questi decenni è stata perseguita e ricercata come se fosse una sorta di pietra filosofale. Con l’esito che vediamo.

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