Autore originale del testo: Gianni Cuperlo
Credo che i problemi più seri, al momento, siano tre.
Il primo, dopo la giornata di ieri, è la candidatura di Berlusconi per tutti i motivi che sappiamo e perché è l’ennesima anomalia dopo oltre un quarto di secolo di una presenza che ha inquinato la nostra democrazia.
Nel senso che, al di là dall’essere una provocazione sul piano politico, è una ipotesi inverosimile per il decoro repubblicano.
Giusto tenere le porte aperte verso quel campo ma con l’appello a preservare i principi della Repubblica, e ciò non è compatibile col candidare al vertice della magistratura chi l’ha definita un cancro del paese, chi ha vissuto per decenni dentro un conflitto d’interessi irrisolto.
Io penso che su questo punto è giusto che ci esprimiamo con grandissima nettezza.
Non solo perché non ha un fondamento la premessa: e cioè una destra che si alza e dice “Questa volta tocca a noi. Punto”.
E’ chiaro per altro che se quella operazione dovesse proseguire un minuto dopo non ci sarebbe più il governo.
Il secondo snodo è il legame tra la partita del Quirinale e la sorte del governo. Enrico sul punto è stato chiaro.
Per noi la legislatura deve andare a compimento e si deve votare tra un anno.
Non ripeto le ragioni che sono tutte nell’agenda di riforme da impostare o completare (decreti attuativi sulle leggi delega della giustizia, della concorrenza e del fisco, e poi i capitoli della PA, codice degli appalti, pensioni).
L’idea che, scollinato il voto sulla presidenza della Repubblica, si apra una campagna elettorale lunga 12 mesi dove il governo gestisce l’ordinario è smentita dalla tabella di scadenze da cui dipendono le risorse per rimettere in piedi l’economia e lo Stato.
Questa consapevolezza dovrebbe ispirare le mosse di tutte le forze della maggioranza. Il che al momento, con ogni evidenza, non è.
Tanto più (sapendo che i numeri dei grandi elettori sono quelli) penso che spetti a noi avanzare un metodo e una strategia.
La premessa è in una doppia convinzione.
Da un lato non poter sacrificare in un colpo solo entrambe le figure oggi più rappresentative sul piano interno e internazionale.
Dall’altro la necessità di non disperdere con una soluzione mediocre la principale eredità del settennato di Mattarella che sta nel prestigio e nell’umanità che ne hanno contrassegnato il mandato in particolare negli ultimi due anni.
Quindi il primo obiettivo è evitare una tempesta perfetta dove entrino in crisi i due modelli di cui al momento dispone il paese: un Quirinale autorevole e rispettato e un governo in grado di gestire la transizione che ci accompagnerà al voto.
Se le cose stanno così serve in primo luogo tra noi un senso di responsabilità che eviti fughe in avanti o proposte che diano un messaggio sbagliato (dove ognuno rema nella direzione che ritiene la più giusta…per capirci se dici Mattarella bis l’effetto è che lo recluti a una parte producendo la classica eterogenesi dei fini).
Conviene, invece, far nostra la proposta di un tavolo della maggioranza, da riunire senza candidature precostituite e dove chiedere a tutte le forze che partecipano al governo di aderire a un metodo e un profilo condivisi.
Con un impegno: che qualunque sia lo sbocco di un eventuale accordo si garantisca una soluzione che non indebolisca l’azione del governo, sia che a presiederlo rimanga chi c’è adesso, sia che lo scenario cambi.
In particolare nel secondo caso valutando un rafforzamento del profilo politico del nuovo Esecutivo, anche perché non si può dire che tutte le figure tecniche promosse in questi undici mesi abbiano offerto una prova particolarmente brillante.
Il terzo e ultimo problema è nell’anomalia di un Parlamento chiamato a una prova più impegnativa in una condizione senza precedenti.
Questo è l’ultimo Parlamento composto da 945 membri.
Seconda anomalia è nel fatto che una parte significativa dei suoi componenti ha la ragionevole probabilità di non essere rieletta.
Terza anomalia, avere questa legislatura conquistato il record storico (e tale rimarrà per sempre visto il taglio di deputati e senatori) di cambi di casacca (sono 276 dall’avvio della legislatura, 126 solamente nell’ultimo anno).
Attualmente il gruppo misto conta 113 tra deputati e senatori – cioè, il 10 per cento dei grandi elettori ha “tradito” il proprio mandato o per lo meno ha deciso di usare quei voti per fare altro.
A questa fotografia si deve sommare un Movimento 5Stelle da mesi in forte flessione e un riequilibrio dei rapporti di forza a destra (la Meloni in questo momento è sottorappresentata rispetto ai consensi che raccoglie nel paese).
La conclusione è che il Parlamento che tra una settimana sarà chiamato a eleggere il o la presidente della Repubblica è parecchio lontano dal riflettere una rappresentanza fedele del Paese.
Si può dire che in parte è sempre stato così, ed è vero.
Però mai questo divario aveva assunto le dimensioni di oggi.
Con l’aggiunta di un timing che, in assenza di un cambio delle regole, porterà al Quirinale una personalità che rimarrà in carica l’intera prossima legislatura e una prima parte di quella successiva.
Tutto questo lo dico anche perché in questo panorama poco edificante la tenuta solida del Pd di questi mesi, sia sul fronte del consenso reale (penso al risultato del voto nelle città) che su quello dei sondaggi (per quanto contano nel favorire un clima) possono essere elementi che ci restituiscono una centralità sul piano politico.
Usarla nel modo migliore naturalmente spetta a noi e al Segretario in primis.
Un’ultima nota a margine, ma rapidissima.
Il Covid è nei fatti un grande elettore e partecipa indirettamente alla partita.
Ora, senza scomodare paragoni storici che sono sempre scivolosi, le prossime due settimane saranno fondamentali per ricucire (almeno in parte) o spezzare (in modo ancora più netto) un legame di fiducia tra opinione pubblica e Parlamento (e istituzioni).
In questo quadro peseranno le scelte (vedi la tenuta del governo), le coerenze (vedi il giudizio su Berlusconi), e peseranno le parole.
Negli ultimi giorni (anche in casa nostra) si sono riproposti toni e dichiarazioni (per altro su materie delicatissime per la vita delle famiglie) che rischiano di deteriorare un clima già complicato di suo.
Ecco, lo dico con rispetto verso tutti, ma sarei per acquisire un di più di cautela e misura.
Che i comici facciano il loro mestiere e usino l’arma delle battute.
Noi cerchiamo di rappresentare l’anima sana di un partito in un passaggio che, piaccia o meno, lascerà impresse tracce profonde nella politica di questo paese.


