Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Recovery: qual è la vera geografia della spesa?
Mettiamola così: qualcuno dovrà prima o poi spiegare agli italiani in che modo, secondo quali indirizzi e secondo quale dettaglio si spenderanno i soldi del Recovery. Non pretenderanno mica che la casalinga di Voghera, il bracciante lucano, l’operaio delle presse si leggano le 300 e più pagine predisposte dall’esecutivo. Nemmeno possono pensare che bastino gli “specchietti” informativi dei quotidiani e dei media, mischiati alla rinfusa nel florilegio di anticipazioni e retroscena che rendono, di fatto, i giornali un bazar, un mercatino delle pulci e, perciò, sempre meno attendibili.
Verrà o no il momento in cui capiremo, cifre alla mano, quanto andrà alla scuola pubblica, quanto alla sanità, quanto ai trasporti pubblici locali e alla tutela sociale e quanto, invece, consegneremo brevi manu alle imprese, sotto forma di bonus, ecobonus, superbonus, sgravi, regalìe, sostegni, questue, quasi sempre a fondo perduto? Magari con la richiesta di “allisciare” il più possibile i canali di distribuzione delle risorse, cancellando procedure di controllo, regole e diritti?
Guardate che non è un problema di comunicazione, stavolta, ma politico, di sostanza. Mai come in questo caso “comunicare” è davvero al servizio della politica e non viceversa. Capire le cifre, la loro ripartizione, le scelte e gli indirizzi compiuti attraverso la comprensione chiara dei capitoli di spesa, è assolutamente essenziale, perché sarebbe anche il modo per capire come sarà il Paese nei prossimi decenni. Se resterà tutto come adesso, oppure ci sarà un cambiamento. Se tutto si ridurrà a cancellare diritti oppure se i diritti verranno potenziati o introdotti ex novo.
Se ci sarà trasparenza, visibilità, controllo oppure, in nome della lotta alla “burocrazia” si proseguirà nell’approvvigionamento delle imprese, nelle forme di un capitalismo assistenziale mascherato da grida liberiste assolutamente di facciata, tanto per gettare fumo. Perché, se la scuola resterà la stesa, a poco sarebbe valsa la retorica di questi mesi sulla funzione essenziale della socialità educativa e della comunità scolastica. Chiacchiere, appunto, non suffragate da risorse effettivamente destinate a cambiare la qualità del nostro bene comune e del nostro vivere assieme.
Anche perché le risorse sono una metafora del potere, la loro distribuzione una ri-distribuzione del potere stesso. Sarebbe davvero una beffa se, utilizzando risorse pubbliche in debito (che ripagheranno i soliti noti al fisco), si accrescesse il potere sociale, economico, culturale, politico di settori privatissimi e fasce sociali spesso ostili al settore pubblico in nome del dio mercato. Davvero una beffa. Quella definitiva.


