Renzi combatte il reddito di cittadinanza perchè la “gente deve soffrire, rischiare, provare, correre…”

per mafalda conti
Autore originale del testo: Massimo Amato
Con il moralismo non si vincono le battaglie politiche, anzi le si perdono ancora prima di ingaggiarle. Il signore di mezza età (ancorché abbigliato da giovinotto) qui sotto riportato non ha detto, in un esercizio ossimorico di sadismo ad Assisi: “voglio togliere il reddito di cittadinanza perché voglio che la gente soffra”.
Ha provato (e sottolineo provato) ad articolare un ragionamento sistemico.
Con le sue parole: “in un mondo che va verso le nanotecnologie, in un mondo che investe sui Big Data, internet of things, artificial intelligence ai ragazzi va detto: studiate, provate, mettetevi in gioco, poi se fallite vi diamo una mano ma rischiate”. Ergo: “Io voglio mandare a casa il reddito di cittadinanza perché voglio riaffermare l’idea che la gente deve soffrire, rischiare, provare, correre, giocarsela, se non ce la fai ti diamo una mano, ma bisogna sudare ragazzi” (https://twitter.com/i/status/1421130967037616132)
Ecco, appunto: è proprio lì che va il mondo, non c’è dubbio, e molti se ne sono accorti da tempo anche senza ascoltare i discorsi e leggere i libri di Renzi.
Ma questo significa che il sistema produttivo espellerà più forza lavoro di quanta non ne creerà, con un saldo netto negativo, e nel frattempo sancirà sempre più duramente la differenza netta fra i lavori ad alto valore aggiunto scientifico-tecnologico, che possono anche essere ben pagati, e lavori tradizionali o addirittura premoderni, destinati a lungo termine a subire la concorrenza delle macchine create dai lavori ad alto contenuto tecno-scientifico, e, nel frattempo, le pressioni di un mercato del lavoro in sé spietato, e reso ancora più spietato da una precisa volontà.
Quindi proprio in questo mondo diventerà necessario pensare non solo a inedite forme di ammortizzatori sociali contro la disoccupazione involontaria (cioè non ascrivibile a decisioni moralmente eccepibili), ma anche a forme ancora più sistematiche di reddito di base, sconnesse dall’apporto del lavoro a un sistema produttivo che, in aggregato, questo apporto lo chiede sempre meno.
Invece immaginare che proprio in questo mondo ci sia spazio per una “fair competition” fra tutti, a partire dai medesimi blocchi di partenza, e che quindi sussidi di reddito staccati dal lavoro possano mettere in pericolo un prezioso meccanismo di ascensione sociale, questo è (fatemi usare un toscanismo) un puro spensierato scombiccherare.
Discorsi come quello di Renzi, poco importa se fatti in t-shirt o in doppiopetto, con aria simpatica o antipatica, da pulpiti neo-arabo-rinascimentali o da cattedre prestigiose, non sono immorali: sono privi di pensiero.
Ciò che dovrebbe urtare in un politico non è che dica cose urtanti: ma che non pensi, cioè che mostri in quello che dice di non essere in contatto con ciò che è oggi: con la realtà.
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