di Alfredo Morganti – 19 gennaio 2017
Sintesi dei titoli della prima pagina del Corriere Roma di oggi. ‘Terremoto e neve. Una regione in tilt’. ‘Il giorno della natura impazzita’. ‘Di nuovo le scosse. E con questa paura si dovrà convivere’. ‘Molte scuole chiuse pure oggi’. ‘Cotral e false manutenzioni. Il pm accusa il gip. Richiesta ferma da un anno. E in nove evitano le manette’. ‘Ambulante picchiato durante un controllo. Nove vigili a processo’. ‘Reazioni al sisma. La psicosi, un rischio da evitare’ (editoriale di Rizzo). ‘Una cura dimagrante per AltaRoma. Tagliati del 90% i fondi per la manifestazione della moda. E ora il futuro a rischio’. Potrei continuare con le pagine 2, 3, 4, ecc. Basti questa titolazione di pagina 2: ‘Raggi: oggi scuole tutte aperte. Ma alcuni presidi: no, chiuse’. E poi questi boxini sempre a pagina 2: ‘Piazza di Spagna, turisti in crisi’ – ‘Colli Albani, l’assalto agli autobus’. Mentre a pagina 3 si spiega che ‘Le scosse rischiano di durare anche un anno. Bisogna controllare la stabilità di tutti i palazzi’. E per finire a pagina 4, ‘Argentina scatta l’allarme: lesioni sui muri’. Ecco.
Questa è Roma, la Capitale del Paese raccontata dal Corriere romano. E non vi crediate che altri quotidiani vadano più leggeri. È una rappresentazione fedele, è una fotografia obiettiva della città? La necessità di calcare la mano, di insistere sui disastri per vendere qualche copia in più, restituisce dell’Urbe una rappresentazione vicina all’esperienza quotidiana di chi vi abita? Mi chiedo: ma davvero vivo in una jungla, in una specie di Vietnam, nell’Iraq bombardato, in un arido deserto sub sahariano, in un paese massacrato da carestie o alluvioni (scegliete)? In un mondo che frana irrimediabilmente? Mi chiedo allora: quanto credito assegnare ancora ai fogli stampa? Oppure alle news televisive? Sono davvero più credibili di FB? Roma ha dei problemi, grandi talvolta, ma proporzionati al suo essere grande città, Capitale di un paese del G7, centro del mondo cattolico. Capitale con sempre minori risorse, peraltro. Grazie Italia. Ma siamo la sede anche delle Ambasciate presso lo Stato Italiano, più quelle presso la Santa Sede, più una miriade di consolati e rappresentanze di paesi e regioni. Entro il territorio romano potrebbero collocarsi i territori delle 9 più grandi città italiane, Milano e Torino comprese. Dunque.
di Alfredo Morganti – 19 gennaio 2017
Leggevo tempo fa dei problemi di via Padova a Milano (considerata una periferia della città). Siamo a circa 6 km dal Duomo. Alla stessa distanza, ma dal Campidoglio, a Roma c’è via Guido Reni, ci sono l’Auditorium e il Maxxi, il Ponte della Musica, il quartiere Flaminio, ossia un centro elegante della città. Il Municipio VI di Roma (composto di ex borgate, quasi tutto fuori GRA, a 15 chilometri di media dal centro) misura 113 kmq e ha circa 400.000 abitanti. Firenze ne misura solo 102, e vi risiedono 380.000 persone. Per dire della diversità di scala. E poi i romani sono i primi a essere consapevoli di questi problemi, ma li vivono ogni giorno con lo spirito giusto, senza scatenare sommosse o assalti ai forni per il solo piacere di qualche giornalista di cronaca, pronto a mostrare la città come se fosse una specie organismo fuori controllo o di bubbone da estirpare. Quel che gli abitanti dell’Urbe desiderano è un racconto giusto, una ‘narrazione’ (come si dice) adeguata della realtà che vivono. Roma non è un paradiso, ma nemmeno l’inferno che vogliono farci (farvi) credere. Certo, se poi si tratta di sostenere una ridislocazione dei poteri, un riassetto del capitalismo italiano, il ridisegno di una nuova geografia politica e istituzionale, della rete informativa, mediale e finanziaria, e per fare questo serve mettere in croce Roma e ‘pompare’ invece altre realtà urbane, fate pure, chi può impedirvelo? Ma non fateci credere che qualcuno, duemila anni fa, sia morto di freddo. Quelli che muoiono di freddo, in realtà, sono tanti altri italiani, in questo momento. Pensate a loro non solo adesso che la catastrofe è in corso, perché il disastro fa sempre spettacolo. Perché è sublime, diceva Kant. Pensate a loro sempre.


