Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Tecnica e Politica in due righe
Scegliere di fare un accordo “tecnico” con Calenda, Renzi, Di Maio, Brunetta, Gelmini, invece che con il Movimento di Conte, non è un fatto tecnico, ma un fatto politico
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L’accordo tecnico (anzi, la coalizione tecnica)
Si fa presto a dire ‘accordo tecnico’, come se si trattasse soltanto di un escamotage antidestra, una cosa innocente, una misura solo difensiva. Certo, l’ho detto in un altro post, il riferimento al ‘tecnicismo’, dà l’idea che l’interpretazione che si dà oggi della politica sia solamente quella di costituire una scala verso il potere, uno strumento per andare a occupare il Palazzo, e nulla più. Ma, di fatto, dietro l’accordo presuntamente tecnico si nascondono decisioni, scelte, e dunque fa necessariamente capolino la politica.
Intanto l’accordo tecnico è di fatto una ‘coalizione tecnica’, secondo le regole del Rosatellum, che non consente accordi di desistenza, visto che ogni lista plurinominale deve comunque presentare un propro candidato uninominale e non può esimersi di farlo. La ‘coalizione tecnica’ sarà frutto, quindi, di un patto nazionale, per il quale i vari gruppi politici accordatisi tra loro stabiliscono congiuntamente chi candidare in ogni singolo collegio. Così come ha già fatto il centrodestra. Il candidato prescelto, a quel punto, diverrà a tutti gli effetti il candidato comune dell’intera coalizione. Gli elettori di quel versante politico quindi non avranno scelta, e dovranno votare (se lo vogliono) il candidato presentato, anche se dovesse appartenere a una parte politica molto, ma molto diversa dalla loro (es. un piddino dovrà votare Calenda, oppure un renziano Fratoianni, e così via).
Il punto è: cosa c’è di ‘tecnico’ in questa procedura, a parte l’assenza di una piattaforma politica comune? La coalizione stilerà comunque un accordo nazionale sulla distribuzione delle candidature uninominali nei collegi, lascerà fuori dalla ipotetica coalizione le forze che riterrà estranee (tipo i “traditori”, come dice Letta, à la Conte), accogliendo invece santi uomini come Calenda, Renzi, Di Maio, Brunetta, e sceglierà a chi assegnare i collegi sicuri e a chi invece toccheranno quelli impossibili. Nell’assegnazione dei collegi cosiddetti ‘sicuri’ se ne vedranno delle belle. Qualcuno di sicuro voterà non solo con il naso turato, ma anche con l’altra mano davanti alla bocca.
Ma soprattutto, non è che tra parte proporzionale (listini bloccati plurinominali) e parte uninominale (candidato di collegio) sia possibile alzare una paratia stagna di indifferenza. Non è che chi si sentirà responsabile del voto proporzionale, potrà considerarsi un irresponsabile nel voto uninominale! Come dire: io voto il mio partito, ma poi a chiunque vada il mio voto nella quota uninominale poco me ne importa. Il voto è sempre un atto di responsabilità, e seppure la legge non ti dia la chance del voto disgiunto, resta il fatto che il voto resta tale, dunque una scelta, dunque un fatto politico, da cui è impossibile smarcarsi retoricamente con un irritante escamotage dialettico.
Ma allora. Perché non pensare a una coalizione stavolta ‘politica’, con tanto di programma, candidati comuni, scelte comuni, progetto di governo, che riunisca il centrosinistra e 5stelle, per dire, in un’unico fronte? Peraltro, in continuità con una politica delle alleanze che dura da 3-4 anni? Perché inscenare la farsa del voto uninominale tecnico, nell’intento di celare un sostanziale accordo con i neocentristi dell’Agenda Draghi, sottraendo peraltro alla coscienza degli elettori la responsabilità politica del proprio voto?
Anche perché una coalizione tecnica si scioglie nel momento stesso in cui cade l’ultima scheda nell’urna. Non è propositiva, non è una scelta per il governo, ma un accrocco che tenta di contrapporsi, come solo un accrocco sa fare, al pericolo rappresentato dalla destra. A cosa serve davvero? Davvero a battere la destra? E come?Accordandosi con spezzoni transfughi della destra stessa e con un ‘centro’ inaffidabile, di millantatori, di chiacchieroni, di uomini del potere per il potere, che già ora si oppongono a pezzi importanti della tua politica e tanto più lo faranno dopo? Bah.


