Fonte: La Stampa
Estratto dell’articolo di Ugo Magri per “la Stampa”
Le emozioni che il presidente tradiva ieri, impietrito davanti alle 67 bare nel Palasport di Crotone, sono le stesse della gente comune: dolore per le vittime, vicinanze alle loro famiglie, solidarietà ai superstiti, speranza che questi drammi non si ripetano più. La politica si divide sui migranti, le opposte demagogie accendono gli animi; ma i corpi di bambini gettati sulla spiaggia no, quelli non li vuole vedere nessuno […]
Sergio Mattarella è andato in Calabria per testimoniare l’unità sostanziale del Paese che dice no alle tragedie in mare e si ribella al cinismo di quanti vorrebbero usare i poveri morti come deterrente per frenare i futuri arrivi. C’è un limite a tutto e, nel caso dei migranti, questo limite invalicabile è rappresentato dal senso di umanità. […]
Abbiamo molti difetti, ma il «cattivismo» non sta nelle nostre corde: il capo dello Stato ha ritenuto giusto rimarcarlo. Chi ci vede un gesto di supplenza nei confronti di Giorgia Meloni, che è volata in India per una missione importante, è del tutto fuori strada. Il capo dello Stato non fa le veci, non è il surrogato di nessuno, tantomeno di una premier in grado di discernere dove e quando recarsi.
LE FRASI SUI MIGRANTI DI MATTEO PIANTEDOSI
Idem per chi crede di scorgere dietro i silenzi del presidente una contestazione al governo e, in particolare, al ministro dell’Interno dopo quanto è uscito dalla sua bocca: al Quirinale escludono che Mattarella sia sceso a Crotone per rimettere le cose a posto, e per attenuare il disagio o il senso di vergogna che molti hanno provato dopo quelle parole.
Molte altre volte, viene fatto notare, l’inquilino del Colle si è fatto carico del lutto collettivo; ad esempio dopo il crollo a Genova del ponte Morandi […] Non c’è nulla, in questo suo gesto di «pietas», che possa trascinarlo nel vortice delle polemiche. Chi le alimenta sulla pelle dei profughi pensi, piuttosto, a mettersi una mano sulla coscienza.
Crotone, l’omaggio di Mattarella. I cittadini: “Giustizia e verità per le vittime del mare”

CROTONE. «Capa janca» arriva alle 11 all’ospedale di Crotone. Lo chiamano così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella le centinaia di persone assiepate lungo la strada e nel cortile. Non è mancanza di rispetto, anzi. Anziani e bambini seguono la chioma bianca del capo dello Stato che si staglia nitida tra le altre e la accolgono con un applauso lungo, sincero. Nessuno sapeva quando sarebbe arrivato ma alle dieci erano già in tanti in attesa e sono rimasti anche quando attraverso le comunicazioni delle forze dell’ordine si è capito che c’era da aspettare ancora un’ora. «Voglio vedere il presidente. Lui è venuto, come devono fare le istituzioni e noi dobbiamo esserci come devono fare i cittadini», dice Antonio Rapisarda. Semplice, no? Non proprio a giudicare dalle dichiarazioni che arrivano dalla maggioranza, ma non è il momento delle polemiche. Mattarella è arrivato a Crotone per portare lo Stato in un momento in cui sembra che lo Stato sia lontano. «Giustizia!», urlano alcuni cittadini quando lo vedono. «Verità!», chiedono altri. E’ un coro che si ripete anche venti minuti dopo quando il presidente della Repubblica si sposta di poche decine di metri ed entra al Palamilone dove sono allineate 67 bare. La strage ha scosso questa terra di gente di mare, abituata a navigare e a soccorrere chiunque senza guardare in faccia le persone che hanno bisogno di aiuto, solo la mano che viene tesa nel momento del bisogno. «Presidente si poteva evitare, faccia qualcosa», lo esorta qualcuno mentre il capo bianco di Mattarella si avvia verso l’ingresso dell’ospedale. Un altro, ancora più categorico: «La gente in mare si salva».
Alle 11.20 il capo dello Stato è arrivato al Palamilone. Poche decine di metri per passare dai sorrisi di chi è sopravvissuto alla disperazione. Le 67 bare sono allineate da tre giorni nella grande sala dal pavimento in legno con i canestri abbassati. Cinque bare bianche e altre 11 marroni circondate da pupazzi e pelouches indicano i minori morti nel naufragio. Quasi 50 i nomi scritti sul legno, fra questi anche quello di Shahida Raza, 27 anni, giocatrice di hockey pakistana che ha tentato il viaggio per far curare il figlio di tre anni semiparalizzato per un ictus.
Il presidente Sergio Mattarella si ferma davanti alla distesa di feretri. Per diversi secondi resta con il capo chino a pregare, poi incontra i parenti delle vittime. Anche loro si rivolgono a lui come i cittadini rimasti all’esterno. Da giorni chiedono di poter parlare con il capo dello Stato agli operatori di Medici senza Frontiere che li stanno assistendo nel difficile momento del riconoscimento dei parenti. Nessuno potrà cancellare il loro dolore, il presidente Mattarella, però, può aiutarli a risolvere i nodi burocratici che rendono ancora più penosa la loro condizione. La mediatrice degli afghani spiega al presidente che nemmeno queste morti fermeranno le partenze da un Paese dove le donne hanno perso ogni diritto e dove la vita non ha più senso, e ha ricordato che gli afghani hanno il diritto di avere l’asilo politico. Affermazioni che hanno molto colpito il capo dello Stato. I familiari hanno poi chiesto al presidente Mattarella che siano trasferite «il più presto possibile le salme nei loro paesi d’origine o dove risiedono i familiari e supporto economico per chi non avesse i mezzi per farlo», una «cella frigorifera per il mantenimento dei corpi». E, ancora, di poter «spostare i sopravvissuti che sono al Cara in un luogo più adeguato alla loro condizione e facilitare i ricongiungimenti familiari». Tutti i presenti hanno infine chiesto al Presidente che tragedie come questa «non si ripetano mai più». Mattarella – prima di lasciare Crotone – ha assicurato «pieno sostegno ai profughi». Quello che dalle parti della maggioranza in queste ore sembra invece mancare.



