“Siete dei pazzi”! L’accusa del Papa ai governi che invocano “più armi”, viene ignorata dai maggiori quotidiani e il Tg1 lo censura in tutte le edizioni.

per Gian Franco Ferraris

Nato, Biden e Draghi: “Più armi”. Il Papa: “Siete dei pazzi”

IL TESTO INTEGRALE dell’intervento di Papa Bergoglio, riportato anche in calce

Bergoglio contro i pazzi del riarmo: non esiste per il Tg1 e i giornaloni 

Di Lorenzo Giarelli, Il Fatto Quotidiano

Sparito dalle prime pagine, infilato in trafiletti a metà giornale, silenziato al telegiornale. Tocca armarsi di lente di ingrandimento e tanta buona volontà per trovare sui giornali di ieri le dichiarazioni di Papa Francesco, furioso contro l’aumento della spesa militare decisa dall’Italia e da altri Paesi europei: “Mi sono vergognato quando l’ho letto – sono le parole di Bergoglio – sono dei pazzi!”. Una dichiarazione tanto forte da suonare irrituale nei toni, condanna senza margine di equivoci alle politiche dei grandi della Terra.

E invece né il Corriere della Sera, né Repubblica né La Stampa hanno citato il Papa in prima pagina, forse dispiaciuti che il Pontefice abbia idee diverse dalla loro linea editoriale. Un fatto comunque insolito, visto l’abituale risalto dedicato alle parole di Bergoglio.

Per trovare conto del discorso anti-armi bisogna avventurarsi all’interno dei quotidiani, stando ben attenti a tutti gli angolini. Sul Corriere la notizia si trova in tre righe a pagina 15: “Spese militari al 2%, mi vergogno”. Un centinaio di battute corredate da una fotina del Papa incastrata – guarda i paradossi – in una pagina che parla sì del Vaticano, ma per raccontare il presunto ruolo della Santa Sede nell’arruolamento dei foreign fighters. Repubblica sceglie la copia carbone rispetto al concorrente. Anche qui il Papa è relegato a un boxino di cinque righe a pagina 14, dove invece domina un articolo su Giuseppe Conte che “mina il governo” proprio sulle spese militari.

Dallo stile curioso è invece la copertura della Stampa. Niente notizia in prima, come detto, ma almeno qui un articolo più ampio c’è (anche se bisogna scorrere fino a pagina 17 per trovarlo). Il diavolo – ci perdoni il Pontefice per l’infelice accostamento – sta però nel dettaglio. Sopra alle parole del Papa compare infatti un grande fascione orizzontale azzurro che introduce i temi della pagina. Titolo: “Il dibattito”. Come dire: apriamo una discussione sul tema e sentiamo che ha da dire Papa Francesco, uno tra i tanti.

Non va meglio in televisione. Lo ha notato pure Michele Anzaldi, il renziano attentissimo ai palinsesti del servizio pubblico, che ieri ha parlato di “manuale della disinformazione” contestando l’operato del Tg1. E in effetti, a differenza di Tg2 e Tg3, giovedì il telegiornale di Monica Maggioni ha bucato la notizia sulle dichiarazioni del Papa, a cui non ha dedicato neanche un servizio.

Una dimenticanza che riporta alla mente gli anni bui del berlusconismo, quando il sindacato Usigrai – era il 2003 – teneva un diario (un “libro nero”, lo chiamavano) degli ordini di scuderia in favore di Silvio.

Un vasto campionario – dalla censura delle contestazioni a Berlusconi al divieto di mandare in onda immagini di B. sudato – che includeva alcuni accorgimenti persino su Giovanni Paolo II. Annotava l’Usigrai il 7 febbraio 2003: “Il Papa lancia un forte monito contro la guerra in Iraq. Ma il Tg1 (diretto da Clemente Mimun, ndr) non lo giudica abbastanza importante per meritare un servizio”.

Qualche giorno dopo, “al Tg1 delle 20, viene oscurato il ritorno a Roma dell’inviato del Papa da Baghdad, che ammonisce sugli esiti catastrofici di una guerra”, e ancora, il 25 marzo, quando il Papa “invoca la pace”, il Tg1 decide che “le sue parole non meritano un servizio”. Diciannove anni dopo, Monica Maggioni omaggia i bei tempi antichi. Vent’anni fa il Pd protestava, ora plaude, oppure tace e acconsente.

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DAL CENTRO FEMMINILE ITALIANO

Sala Clementina
Giovedì, 24 marzo 2022

Care sorelle, buongiorno e benvenute! E buongiorno, Eminenza [è presente il Cardinale E. Menichelli]

Ringrazio la Presidente, Renata Natili Micheli, per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro. È coraggiosa questa ragazza! È coraggiosa! Siete venute a Roma per celebrare il vostro Congresso elettivo, il cui tema va ben al di là delle scadenze associative, è un tema ampio, di ampio respiro: “Identità creazionale dell’uomo e della donna in una condivisa missione”. Bel lavoro. Vi ringrazio perché offrite il vostro contributo al dialogo su questa tematica dell’identità dell’uomo e della donna. Una questione molto attuale, non solo e non tanto in senso teorico, ma in senso esistenziale, nella vita delle persone; penso specialmente ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze che, nella loro crescita, hanno bisogno di punti di riferimento, di figure adulte con cui confrontarsi. Uomini e donne.

Soprattutto però voglio ringraziarvi perché ci siete, perché in Italia esiste e va avanti questa vostra associazione di donne, che è animata dal Vangelo e vuole dialogare con tutti per il bene comune della società. E questo non è scontato. Grazie.

Il Centro Italiano Femminile è nato in un contesto di difesa della dignità e dei diritti della donna, in quel periodo così ricco, così fecondo per l’Italia che ha fatto seguito alla seconda guerra mondiale. In quel contesto fortemente polarizzato in senso ideologico, il CIF nasce come scelta della responsabilità, dell’impegno per custodire l’umano. Era la scelta per quella che oggi chiamiamo cultura della cura, alternativa alla cultura dello sfruttamento e del dominio. Tornerò su questo.

Nell’Assemblea Costituente, Maria Federici Agamben, prima presidente nazionale del CIF, insieme alle altre rappresentanti femminili e trasversalmente agli schieramenti partitici, partecipò alla stesura di alcuni Articoli della Costituzione e influì sulla “filosofia” costituzionale riguardo ai temi della solidarietà, della sussidiarietà e della laicità dello Stato.

Per voi, la partecipazione alla vita politica, come sottolineava Pio XII, non risponde semplicemente alla rivendicazione della piena cittadinanza delle donne, no, vuol essere un atto di giustizia nei confronti della comunità e una valorizzazione della politica considerata come forma di carità, la forma più alta, forse, della carità. Un impegno che si attua non nell’agone politico, ma sul versante dei diritti e della cultura. Il CIF, allora come oggi, esprime questa visione della politica intesa come servizio al bene comune animato dalla carità. A tale proposito, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che la giustizia consiste nel realizzarsi delle «condizioni che consentono alle associazioni e agli individui di conseguire ciò a cui hanno diritto secondo la loro natura e la loro vocazione» (n. 1928).

Care amiche, è ormai evidente che la buona politica non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione, ma solo da una cultura della cura, cura della persona e della sua dignità e cura della nostra casa comune. Lo prova, purtroppo negativamente, la guerra vergognosa a cui stiamo assistendo.

Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina. Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica. La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero. Ma il problema di base è lo stesso: si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri.

La vera risposta dunque non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare.

Perché ho voluto fare con voi questa riflessione? Perché voi siete un’associazione di donne, e le donne sono le protagoniste di questo cambiamento di rotta, di questa conversione. Purché non vengano omologate dal sistema di potere imperante. Sempre che mantengano la propria identità di donne. A questo proposito vorrei riprendere un passaggio del Messaggio di San Paolo VI alle donne, al termine del Vaticano II. Dice così: «Viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si completa in pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. È per questo, in questo momento nel quale l’umanità sperimenta una così profonda trasformazione, che le donne imbevute dello spirito del Vangelo possono tanto per aiutare l’umanità a non decadere» (nn. 3-4). È impressionante la forza profetica di questa espressione. In effetti le donne, acquistando potere nella società, possono cambiare il sistema. Voi potete cambiare il sistema, le donne possono cambiare il sistema se riescono, per così dire, a convertire il potere dalla logica del dominio a quella del servizio, a quella della cura. C’è una conversione da fare: il potere con la logica del dominio, convertirlo in potere con la logica del servizio, con la logica della cura.

E ho voluto parlare di questo con voi per ricordare a me stesso e a tutti, a partire da noi cristiani, che questo cambiamento di mentalità riguarda tutti e dipende da ciascuno. È la scuola di Gesù, che ci ha insegnato come il Regno di Dio si sviluppi sempre a partire dal piccolo seme. È la scuola di Gandhi, che ha guidato un popolo alla libertà sulla via della nonviolenza. È la scuola dei santi e delle sante di ogni tempo, che fanno crescere l’umanità con la testimonianza di una vita spesa al servizio di Dio e del prossimo. Ma è anche – direi soprattutto – la scuola di innumerevoli donne che hanno coltivato e custodito la vita; di donne che hanno curato le fragilità, che hanno curato le ferite, che hanno curato le piaghe umane e sociali; di donne che hanno dedicato mente e cuore all’educazione delle nuove generazioni.

È grande la forza della donna. È grande! C’è un detto – più che un detto è una riflessione: se un uomo piuttosto giovane rimane vedovo, difficilmente da solo se la cava. L’uomo non può tollerare una solitudine così grande. Se una donna rimane vedova, se la cava: porta avanti la famiglia, porta avanti tutto. Spiegate voi la differenza, dov’è? Il genio femminile: è questo il genio femminile. Questo esempio illumina abbastanza questa realtà.

La cultura della cura, dell’accoglienza, la cultura del farsi prossimo. Voi la vivete attingendo dal Vangelo. L’avete imparata nella Chiesa, madre e maestra, e formandovi a coltivare prima di tutto in voi stesse la vita spirituale, ad avere cura le une delle altre, nell’amicizia, nell’attenzione reciproca, specialmente nei momenti di difficoltà, pregando le une per le altre, non chiacchierando le une delle altre, no, questo non va! Ma voi non lo fate, sono sicuro.

Care amiche, per tutto questo vi ringrazio e vi incoraggio ad andare avanti. Come altre associazioni cattoliche storiche, anche la vostra è cambiata con il mutare della società italiana. Fa bene per questo anche “alleggerirsi” di strutture diventate insostenibili, per dedicarsi meglio alla formazione e all’animazione culturale e sociale. Vi accompagni sempre la Vergine Maria, che domani contempleremo nell’Annunciazione. Benedico di cuore voi qui presenti e tutte le socie, specialmente quelle più fragili. E anche, voi, per favore, pregate per me. Grazie!

 

 

Pope Francis celebrates mass with members of religious institutions on the occasion of the World Day of Consecrated Life, in St. Peter’s Basilica at the Vatican, Wednesday, Feb. 2, 2022. (AP Photo/Domenico Stinellis)

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