Spigolature domenicali nell’epoca delle epidemie

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

Spigolature domenicali nell’epoca delle epidemie

Una manina allunga la bozza di decreto a chi decide di pubblicarlo perché il mercato dell’informazione è affamato di notizie e c’è una concorrenza da battere.

Quella bozza ha anticipato delle misure che provocano il panico da fuga in alcuni giovani, bianchi, ariani, di ottima istruzione, buona salute e sicura intelligenza.

Pochi credono che l’epidemia possa mutare davvero il modello di sviluppo, e invece bisognerebbe fare qualche riflessione sul tema già da oggi che siamo ancora in piena emergenza. La ferita c’è, diventerà cicatrice, al limite andrà semplicemente sottopelle, pronta a riemergere.

Contro il virus (questo e quello che verranno) il modello d’uso è la ‘rarefazione sociale’, la solitudine, una vita di relazioni disattivata. Lo scrivevo giorni fa in un post, anche per spiegare come mai il morbo ha attecchito prima ed è divenuto focolaio nella ricca provincia e non nella solitudine urbana.

Siamo nell’epoca in cui nessuno riesce più a stare fermo, nessuno ha più radici. Bello per certi aspetti, controproducente per altri. Siamo perciò divenuti mezzi di trasporto celeri delle patologie e delle epidemie.

Viviamo un mondo che è divenuto una specie di formicaio del quale non abbiamo più un’esperienza effettiva, ma su cui gettiamo solo sguardi distratti mentre schizziamo da un luogo all’altro.

Siamo forse alla fine di un modello di sviluppo, alla crisi di alcuni stili di vita, in una fase di necessario ripensamento. Dubito però che la consapevolezza sia generale, anzi.

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