Stati: uno Israeliano e uno Inglese

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Francesca Fornario
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Stati: uno Israeliano e uno Inglese

Trump ha negoziato un accordo di pace tra due parti senza una parte, che è come celebrare un matrimonio senza la sposa ma in presenza dei testimoni dello sposo – i leader di alcuni paesi arabi – e del wedding planner – Tony Blair – il cui business consiste nel farsi pagare per fare una cosa che si fa gratis e che in un caso su due finisce male (a naso, quando c’è di mezzo il wedding planner).

L’idea di Trump per rassicurare i palestinesi bombardati e invasi dai soldati israeliani è che ora basta: saranno obbligati consegnare le armi. I palestinesi. Inoltre, Trump promette che gli abitanti di Gaza non saranno costretti a sfollare. Quelli che lo desiderano, potranno tornare alle loro macerie. Papa Leone benedice le nozze dello sposo senza la sposa definendola “una proposta realistica”, tipo la resurrezione dei corpi nell’ultimo giorno o il celibato dei preti.

L’accordo prematrimoniale in 20 punti prevede un organo di governo transitorio internazionale battezzato “Board of Peace” e presieduto da uno che ha cambiato nome al “Dipartimento della Difesa” in “Dipartimento della Guerra”. Siccome però stiamo parlando della Palestina, a decidere le sue sorti non può essere un americano: dell’organismo deve fare parte anche l’ex premier britannico. Si va verso la soluzione a due Stati: uno Israeliano e uno Inglese.

Tony Blair viene coinvolto in quanto esperto di Medio Oriente: ha bombardato l’Iraq con prove rivelatesi false (accusava gli iracheni di fabbricare micidiali armi chimiche sulla base dell’odore del Kebab di montone marinato al coriandolo) e ha bombardato l’Afghanistan per uccidere Bin Laden che però stava in Pakistan e era saudita (non poteva bombardare l’Arabia Saudita perché, se lo metteva nel curriculum, Bin Salman non gli faceva il contratto). La soluzione Riviera-Gaza di Blair, recepita da Trump, è diversa da quella Netanyahu: Netanyahu vuole l’espulsione di tutti i palestinesi, Blair vuole che qualcuno resti a fare il cameriere.

Dei 20 punti ne cito solo due: graduale ritiro delle truppe israeliane e un “percorso credibile verso l’autodeterminazione e la creazione di uno Stato palestinese”. Non perdo tempo con gli altri perché Netanyahu ha già detto che non accetta questi, specificando che l’esercito israeliano non lascerà Gaza e che Israele non riconoscerà mai uno Stato palestinese.

I grandi giornali non fanno però in tempo a scrivere che Hamas ha rifiutato l’accordo rifiutato da Netanyahu che Giorgia Meloni li brucia sul tempo. La colpa della guerra e della sofferenza della popolazione palestinese questa volta, non è di Hamas ma, spiega Meloni, della Flotilla: “Con il piano di pace per il Medio Oriente proposto da Trump si è finalmente aperta una speranza di accordo per porre fine alla guerra e alla sofferenza della popolazione civile palestinese e stabilizzare la regione. Un equilibrio fragile, che in molti sarebbero felici di poter far saltare. Temo che un pretesto potrebbe essere dato proprio dal tentativo della Flotilla di forzare il blocco navale israeliano. Anche per questo ritengo che la Flotilla dovrebbe fermarsi ora e accettare una delle diverse proposte avanzate per la consegna, in sicurezza, degli aiuti. Ogni altra scelta rischia di trasformarsi in uno strumento per impedire la pace, alimentare il conflitto e colpire così soprattutto quella popolazione di Gaza alla quale si dice di voler portare sollievo. È il tempo della serietà e della responsabilità”.

Meloni ci sta dicendo che “il tempo della serietà e della responsabilità” non è arrivato per lei che dovrebbe e potrebbe interrompere l’invio di armi a Israele (e materiali per fabbricarle) dai porti italiani, o interrompere gli accordi civili e militari, o votare a favore delle sanzioni invece che contro, o riconoscere lo stato palestinese, o arrestare Netanyahu, o opporsi alle richieste del Presidente degli Stati Uniti che sponsorizza e finanzia Israele invece che assecondarle tagliando la spesa sanitaria rispetto al Pil per aumentare quella militare: Meloni ci sta dicendo che se non si riesce “a porre fine alla sofferenza della popolazione civile palestinese” la colpa non è di Israele che la ammazza e la affama deliberatamente ma della Flotilla che tenta di soccorrerla portando aiuti umanitari a bordo di navi che imbarcano civili disarmati forzando il blocco navale illegale di un governo genocida.

Ci troviamo di fronte a un inedito del ragionamento: la vittimizzazione terziaria. Se la vittimizzazione secondaria è quella per cui si acuisce la sofferenza della vittima di un reato addossandole la colpa – la vittima di violenza sessuale accusata di aver provocato lo stupratore – per Meloni la colpa dello stupro, invece che dello stupratore, è di chi soccorre la vittima.

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