SULLA BILANCIA DEL MONDO TAIWAN PESA PIÙ DELL’UCRAINA

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo:  Giorgio Cuscito
Fonte: Limes

SULLA BILANCIA DEL MONDO TAIWAN PESA PIÙ DELL’UCRAINA

Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022

Il valore strategico di Taipei supera quello di Kiev perché legato alla partita decisiva tra Stati Uniti e Cina. L’isola si militarizza e studia il conflitto europeo. Imprescindibile il supporto degli Usa, che però restano ambigui. Pechino non invaderà subito.
1. Lguerra scatenata dalla Russia in Ucraina sta inducendo Taiwan ad accrescere le attività militari, politiche e culturali per scongiurare e – nel peggiore dei casi – contrastare un attacco da parte della Repubblica Popolare Cinese.

A scanso di equivoci, i due teatri in oggetto sono diversi sul piano geopolitico. Certamente Ucraina e Taiwan confinano con due imperi, Russia e Cina, a cui rispettivamente sono legate sul piano storico e culturale. Inoltre, entrambi i paesi toccano la sfera d’influenza degli Stati Uniti, uno in Europa orientale e l’altro nell’Indo-Pacifico. Eppure, attualmente Taiwan ha un peso geostrategico superiore all’Ucraina. La guerra scatenata dalla Russia potrebbe aggravare la contrapposizione tra quest’ultima e i paesi della Nato lungo la nuova cortina di ferro.


Ma difficilmente altererà il primato degli Usa nella gerarchia delle potenze, anche nella remota ipotesi in cui il Cremlino riuscisse a riportare tutta l’Ucraina sotto la propria sfera d’influenza. Inoltre, Washington ha stabilito che interverrebbe militarmente contro Mosca solo laddove un membro dell’Alleanza Atlantica subisse un attacco.


Più complessa è la condizione di Formosa. Qualora Pechino riuscisse a prenderne il controllo ne farebbe un fondamentale scudo a difesa della costa cinese. Soprattutto, la userebbe per accedere all’Oceano Pacifico senza dover subire il monitoraggio di navi e basi statunitensi dislocate lungo la «prima catena di isole» che si estende dal Giappone fino a Singapore. In sostanza, la Repubblica Popolare compirebbe un sostanzioso progresso nel complesso processo di trasformazione in potenza marittima. Quindi per la prima volta potrebbe contestare seriamente la talassocrazia a stelle e strisce. Insomma, un intervento militare diretto a difesa di Taiwan sarebbe in linea con la necessità strategica statunitense di prevenire l’emersione di una potenza rivale nel controllo delle rotte marittime.


2. Taiwan conosce il proprio valore nella partita del secolo tra Washington e Pechino e inevitabilmente subisce l’impatto piscologico di ciò che avviene in Ucraina. Taipei sonda la propensione dei suoi abitanti a difendere l’interesse nazionale. Studia le tattiche di guerriglia impiegate da Kiev, mentre Pechino fa altrettanto per affinare i piani di invasione. Inoltre, il governo di Tsai Ing-wen rinsalda i rapporti militari e politici con gli Usa, senza il supporto dei quali difficilmente resisterebbe a un attacco prolungato dell’Esercito popolare di liberazione (Epl). Infine, intensifica le attività diplomatiche per trasmettere agli altri paesi la rilevanza del suo futuro su scala globale.


Secondo un rapporto del centro di ricerca Taiwan International Strategic Study Society, il 61% dei taiwanesi si oppone allo slogan «oggi l’Ucraina, domani Taiwan» e quasi la stessa percentuale pensa che il conflitto in corso non innescherà un’offensiva cinese 1. Allo stesso tempo, il 70% degli intervistati afferma di voler difendere l’isola in caso di attacco dell’Epl. Si tratta di un incremento di trenta punti percentuali rispetto a quanto calcolato a fine dicembre 2021, cioè due mesi prima della guerra in Ucraina. Tuttavia, solamente il 35% pensa che Taiwan potrebbe resistere senza l’aiuto a stelle e strisce. Per il 43% dei taiwanesi Washington non interverrebbe militarmente, mentre il 47% ritiene addirittura che gli americani si asterrebbero da qualunque operazione.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


A giudicare da questi dati, la popolazione taiwanese ha percepito la mancata reazione militare diretta di Washington contro la Russia come un segnale negativo per la propria sicurezza. Quindi ritiene di doversi preparare al conflitto, pur non considerandolo automaticamente legato allo scontro tra Mosca e Kiev.


In tale contesto non stupisce affatto che Taiwan continui a prepararsi militarmente nel solco della tattica di «deterrenza a più livelli» e del «concetto di difesa complessiva». Essi prevedono l’acquisto di un ampio numero di dispositivi piccoli ed economici (missili da crociera per la difesa costiera, mine navali, droni eccetera), la valorizzazione del vantaggio geografico, l’impiego di infrastrutture civili per uso militare e il potenziamento delle attività di guerra asimmetrica. Queste ultime implicano a loro volta la capacità di mimetizzare, spostare e riparare strutture militari anche nel contesto urbano. Lo scopo finale è compensare il forte squilibrio numerico tra le proprie Forze armate e quelle di Pechino.


Le misure prese tra marzo e aprile sono emblematiche. Il ministero della Difesa taiwanese si è dotato di un gruppo speciale dedicato allo studio delle tattiche impiegate dall’Ucraina per resistere alle incursioni russe. Questa squadra comprende anche esperti dell’Università nazionale della Difesa ed è in contatto con altri paesi, inclusi gli Usa 2.


Taipei ha pure iniziato a studiare la costruzione di un centro di comando ausiliario all’interno del tunnel Hsuehshan, la galleria più lunga del paese (13 chilometri). L’infrastruttura, situata a sud-est della capitale, potrebbe essere usata qualora il Centro di comando militare di Hengshan venisse distrutto dall’Epl. Inoltre, il governo sta valutando l’estensione della leva obbligatoria da quattro mesi a un anno. Proposito cui peraltro sarebbe favorevole il 76% della popolazione 3. 


Contestualmente sono aumentate le operazioni per preparare psicologicamente la popolazione a uno scenario di guerra. L’esempio più rilevante è la divulgazione di un manuale di «difesa civile» contenente indicazioni su cosa fare se attaccati e disposizioni per la mobilitazione dei riservisti. Il documento è stato elaborato sulla falsa riga di quelli pubblicati in Svezia e in Giappone, paesi che peraltro con la Repubblica Popolare hanno rapporti tutt’altro che amichevoli.


Pure la soglia di attenzione nei confronti della penetrazione cinese sull’isola è aumentata. Taipei ha rafforzato la legge contro lo spionaggio industriale per impedire che le aziende cinesi acquisiscano illegalmente la proprietà intellettuale delle omologhe taiwanesi attive nel settore dei semiconduttori e la usino per potenziare le capacità economiche e militari della Repubblica Popolare. Le spie scoperte a trafugare informazioni saranno punite con 12 anni di carcere.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


Inoltre, è in corso un’indagine per scoprire chi e perché a fine aprile abbia diffuso su Chinese Television Systems (Cts, parzialmente controllata da Taipei) un servizio finto che comunicava la notizia dell’invasione da parte di Pechino. Cts si è scusata pubblicamente e il ministero della Difesa ha detto che si trattava di materiale preparato per un’esercitazione in caso di guerra. Non è chiaro se qualcuno lo abbia divulgato per generare panico nella popolazione 4.


3. Gli sforzi di Taipei per trasformare l’isola in un «porcospino» dotato di così tanti aculei da scoraggiare un’invasione acquisiscono senso solo se abbinati al supporto degli Usa. Washington continua a offrire sostegno politico e militare a Taipei senza affermare platealmente che interverrebbe in suo soccorso.


Tra marzo e aprile i due governi hanno siglato due importanti accordi. Il primo, del valore di 246 milioni di dollari, prevede l’impiego di tecnologia americana per il potenziamento del sistema di comunicazione militare taiwanese entro i prossimi tre anni. Uno degli obiettivi è ridurre la dipendenza in tempo di guerra delle Forze armate di Taipei dalle infrastrutture usate per il trasferimento di informazioni a uso civile. Il secondo accordo (un affare da 95 milioni di dollari) consentirà a Taiwan di avvalersi di batterie missilistiche terra-aria Patriot. Il pacchetto comprende anche attività di addestramento, pianificazione, dispiegamento e manutenzione da parte americana. Significa che la presenza di militari statunitensi sull’isola – appurata da tempo – potrebbe aumentare.


Negli stessi mesi, ben tre delegazioni a stelle e strisce sono giunte sull’isola.


Di queste, due sono atterrate quasi contemporaneamente a marzo. Una, inviata dal presidente americano Joe Biden, era guidata dall’ex capo degli Stati maggiori riuniti Michael Mullen. L’altra dall’ex segretario di Stato Mike Pompeo, che potrebbe candidarsi alle presidenziali americane nel 2024. Il messaggio delle due rappresentanze era identico: gli Stati Uniti continueranno a sostenere Taiwan malgrado non siano intervenuti militarmente contro Mosca in Ucraina.


La sovrapposizione tra i due eventi denota anche che la crisi interna alla superpotenza e l’agone politico legata a essa stanno fermentando anche fuori dai confini statunitensi. Lo ha dimostrato lo stesso Pompeo dicendo che Washington dovrebbe riconoscere immediatamente Taiwan come Stato «libero e sovrano». Il suo obiettivo era mettere in difficoltà l’amministrazione Biden piuttosto che avanzare una proposta concreta. L’ex segretario di Stato sa che assumendo tale posizione Washington distruggerebbe la già fragile convenzione diplomatica secondo cui esiste «una sola Cina», coniata da Usa e Repubblica Popolare nel 1992 per preservare la stabilità nello Stretto di Taiwan. Il fatto che il ministero degli Esteri taiwanese abbia ringraziato Pompeo per il sostegno ma non abbia raccolto la proposta conferma che Taipei giudica necessario non contestare ufficialmente l’importanza di questo principio. Del resto Pechino ne annovera il rispetto tra le linee rosse da non valicare, pena l’invasione dell’isola.


La terza delegazione, composta da sei membri del Congresso statunitense, è giunta a metà aprile. Il viaggio è parso come una sorta di compensazione dopo che la speaker della Camera dei rappresentanti statunitense Nancy Pelosi ha annullato la propria missione sul posto, formalmente per aver contratto il Covid-19. Il viaggio di Pelosi si sarebbe dovuto svolgere 25 anni dopo l’incontro tra il presidente taiwanese Lee Tang-hui e Newt Gingrich. Questi ricopriva la medesima carica di Pelosi nel 1997, cioè l’anno dopo la conclusione della terza crisi nello Stretto. Per prassi il governo cinese è particolarmente sensibile all’impatto retorico di queste ricorrenze e perciò tramite i «suoi» media aveva lasciato intendere di essere fortemente contrario al viaggio di Pelosi. Insomma, nel complesso gli Usa sono intenzionati a preservare la loro proverbiale ambiguità strategica nei confronti di Taiwan.


Carta di Laura Canali - 2022

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4. Presto Taipei potrebbe contare sul supporto più deciso anche di altri attori regionali in funzione anticinese. A inizio aprile, Giappone e Filippine hanno promesso di espandere la loro cooperazione nel campo della difesa, già caratterizzata da esercitazioni congiunte e scambio di tecnologia militare, in nome dell’Indo-Pacifico «libero e aperto». Significa in sostanza che i due paesi collocati rispettivamente a nord e a sud di Formosa vogliono impedire alla Repubblica Popolare di fare dei Mari Cinesi il proprio cortile di casa.


Il 45% dei taiwanesi considera probabile l’aiuto militare del Giappone, secondo un sondaggio del Taiwanese Public Opinion Foundation 5. Tale prospettiva è probabilmente influenzata da due fattori. Primo, gli abitanti dell’isola conservano un ricordo complessivamente positivo di quando tra il XIX e il XX secolo i nipponici fecero di Formosa una colonia. Essi governarono in maniera militare e imposero i propri usi e costumi, ma contribuirono anche in maniera eccezionale allo sviluppo delle infrastrutture locali. Secondo, Tōkyō teme l’ascesa militare cinese almeno quanto Taipei e sa che Pechino non dimentica le sconfitte subite durante le due guerre sino-giapponesi.


Anche il sostegno di Manila può tornare utile. Durante la presidenza di Rodrigo Duterte, le Filippine hanno preservato una posizione ambigua tra Usa e Cina per non compromettere i rapporti economici con quest’ultima. Tuttavia, negli ultimi mesi il capo di Stato filippino ha dato prova di voler prendere le distanze da Pechino dicendo di essere disposto ad aprire le basi del proprio paese qualora la guerra in Ucraina coinvolgesse anche l’Indo-Pacifico. Inoltre, a fine marzo Washington e Manila hanno svolto un’importante esercitazione congiunta. Vi hanno preso parte novemila soldati per un totale di 12 giorni. Era dal 2015 che i due governi non conducevano una operazione così imponente.


Infine, Taipei cerca sostegno in Europa. Ha preso accordi tecnologici con la Lituania, ha ospitato una delegazione parlamentare della Svezia, ha inviato forniture mediche all’Ucraina tramite la Polonia. L’ambasciata taiwanese presso la Santa Sede ha piantato ulivi con alcuni funzionari del Vaticano per mostrare solidarietà a Kiev. In più ha elargito una donazione alla basilica minore di Santa Sofia, principale centro di preghiera degli ucraini residenti a Roma.


Lo scopo è mettere pressione alla Santa Sede. La quale, pur essendo l’unico Stato europeo a riconoscere la sovranità di Taipei, il prossimo ottobre potrebbe rinnovare l’accordo riservato con la Repubblica Popolare sulla nomina dei vescovi firmato nel 2018. Taipei vuole evitare che in futuro questa dinamica porti il Vaticano a chiudere i rapporti diplomatici per aprirli con Pechino. Non è escluso che, almeno inizialmente, i vertici diplomatici americani e cinesi avessero scelto Roma quale sede dell’incontro di marzo anche perché entrambi volevano confrontarsi con la Santa Sede in merito a questo dossier, oltre che parlare dei rapporti sino-statunitensi alla luce della guerra in Ucraina.


5. Al netto delle mosse di Taiwan contro la Repubblica Popolare, tre fattori rendono lo sbarco di quest’ultima sull’isola improbabile nel breve periodo.


Il primo riguarda la geopolitica domestica della Cina. La nuova ondata di coronavirus nel paese indica che la tattica volta all’azzeramento dei casi non funziona come vorrebbe Pechino. Il caso più eclatante è Shanghai, dove si sono moltiplicate le proteste legate alle rigide misure di quarantena e alla inefficiente distribuzione dei beni alimentari. La città «sul mare» (questo significa Shanghai) è il centro economico, finanziario e portuale più importante della Cina continentale. In più è la base storica della fazione legata al presidente Jiang Zemin, rivale di quella dell’attuale leader Xi Jinping. Inoltre, il Covid-19 potrebbe ledere l’economia cinese tout court, ripercuotendosi sulla qualità della vita del resto della popolazione. E quindi sulla sovranità di Pechino. Non è escluso che i rivali di Xi usino queste circostanze e l’eventuale scoppio di proteste su larga scala quantomeno per contestare la leadership del presidente al XX Congresso nazionale del Partito comunista cinese, che si svolgerà in autunno.


Il secondo fattore è puramente militare. Pechino continua a investire nella modernizzazione dell’Epl nonostante calcoli una crescita economica attorno al 5,5%, la stima più bassa dal 1991. Quest’anno il bilancio delle Forze armate aumenterà del 7,1%. È la cifra più alta dal 2019, quando la crescita era stata del 7,5%. Malgrado ciò, la Repubblica Popolare potrebbe non aver ancora le capacità sufficienti per condurre uno sbarco anfibio. Esso è operativamente molto più complesso di un’offensiva terrestre come quella condotta dalla Russia in Ucraina. Richiederebbe la collaborazione congiunta di tutte le branche dell’Epl (Aeronautica, Marina, Esercito, Forza di supporto strategico, Forza missilistica) e probabilmente della Polizia armata del popolo (Pap).


Infatti, secondo l’esperto di questioni militari Chen Feng l’andamento della guerra in Ucraina suggerisce che in caso di assalto a Taiwan le Forze armate cinesi dovrebbero concentrarsi sull’occupazione delle strutture militari e stazionare fuori dalle città. La Pap invece dovrebbe gestire la guerriglia urbana, attività cui è già addestrata per sedare eventuali proteste domestiche 6. Contemporaneamente, l’Epl dovrebbe impedire l’intervento di Stati Uniti e Giappone architettando un blocco navale a nord di Taiwan. Insomma, l’operazione è tutt’altro che semplice e solo da pochi mesi la Marina cinese solca con frequenza anche il braccio di mare tra Formosa e l’arcipelago nipponico.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


Il terzo fattore è legato al deterioramento del soft power della Russia all’estero causato dall’invasione dell’Ucraina. La crescente frattura fra Mosca e l’Occidente suggerisce a Pechino che potrebbe incappare nella medesima situazione qualora salpasse per l’isola. La Cina è ancora troppo dipendente dalle esportazioni verso gli Usa e l’Ue, dall’andamento del dollaro e dalla tecnologia americana (vedi semiconduttori) per compromettere definitivamente i rapporti con Washington e i governi veterocontinentali. La cosiddetta autosufficienza inseguita da Xi pare ancora lontana e la guerra vanificherebbe i già traballanti tentativi di assegnare una dimensione ecumenica al progetto delle nuove vie della seta lanciato nel 2013.


6. Non è escluso che la combinazione di questi tre fattori spinga Pechino a mutare parzialmente tattica nei confronti di Taiwan. Il governo cinese potrebbe potenziare i tentativi di unificazione «morbidi» basati sulla penetrazione politica, economica e culturale. Magari facendo affidamento sulle quinte colonne presenti sull’isola per fiaccare chi si oppone all’unificazione o quantomeno per minare la fiducia dei taiwanesi in Taipei. Si tratta di una tattica che i russi non sono riusciti evidentemente ad applicare in Ucraina.


Il tutto avverrebbe mentre la leadership cinese continua a preparare i piani di invasione. Del resto, gli strateghi di Taipei non escludono neanche che dopo il Congresso nazionale Xi prenda in considerazione di sferrare un attacco iniziando dalle vicinissime isole taiwanesi Kinmen (Quemoy) o Matzu, per distrarre la Repubblica Popolare dal possibile aggravarsi della situazione socioeconomica domestica 7. 


A prescindere da questa ipotesi e dall’andamento della guerra tra Mosca e Kiev, è probabile che nei prossimi mesi Washington incrementi le proprie attività nell’Indo-Pacifico per contenere Pechino. Perché le sorti di Taiwan contano ancor più di quelle dell’Ucraina.


Note:

1. K. Everington, «30% more Taiwanese willing to fight for country after Russian invasion of Ukraine», Taiwan News, 17/3/2022.

2. B. Blanchard, «Taiwan studying Ukraine war tactics, discussing with U.S.», Reuters, 31/3/2022.

3. K. Everington, op. cit.

4. S. Ellis, A. Chang, «Taiwan TV Channel Apologizes for False China Invasion Report», Bloomberg, 20/4/2022.

5. «Ewu chongtu, liang’an weiji yu Taiwan minzhu, 2022 nian 3 yue 22 ri» («Conflitto tra Russia e Ucraina, crisi nello Stretto e democrazia a Taiwan, 22/3/2022»), Taiwanese Public Opinion Foundation, 3/3/2022.

6. M. Chan, «PLA could learn from Ukraine war and use paramilitary in Taiwan, article says», South China Morning Post, 9/4/2022.

7. K. Everington, «China “very likely” to seize Taiwan’s Kinmen as distraction: Official», Taiwan News, 20/4/2020.

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