Un grafico – La sinistra dal 1946 al 2018

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Un grafico
In molte letture la sinistra, di cui si denuncia la colposa scomparsa, è rammemorata come un passato mitico. Un’età dell’oro con al centro un popolo-classe divinamente compiuto, poi andato in malora in causa dei tradimenti, dei cedimenti e della dabbenaggine dei dirigenti.
In realtà la sinistra non è mai stata veramente egemone ed è stata sempre divisa fra componenti solo raramente ricongiunte in occasionali alleanze.La forza complessiva della sinistra tutta considerata ha sempre oscillato attorno al 40 %, con punti di massima nel 76, negli ottanta e nel 2006. Ma il nocciolo ‘autentico’, cioè depurato della sinistra di nome ma non di fatto, raramente ha coinvolto più di un terzo dell’elettorato.
Pur traendo forza dal proletariato rurale e dalla classe operaia industriale la sinistra è sempre stata ben lungi dal saturare interamente la rappresentanza dei propri strati di riferimento. Salvo i casi delle ‘regioni rosse’, di zone dell’alto bacino irriguo padano, di alcune polarità urbano-industriali del nord e di isolati insediamenti in talune zone storicamente ascritte al latifondo meridionale. Unici casi dove la sinistra ha effettivamente assunto una consistenza egemonica basata sul monopolio di classe.
L’Italia, in passato come nei tempi più recenti, è sempre stato un paese a vocazione moderata o destrorsa con una forte presenza di ceti medi e piccoli proprietari. Prima un paese di piccoli conduttori rurali e di ceti borghesi poi un paese di lavoratori autonomi, famiglie risparmiatrici proprietarie di case con redditi misti. La sinistra, e il Pci in particolare, ha toccato il top quando ha assunto consistenza nella società una popolazione composta di operai d’estrazione rurale (specie mezzadrile e bracciantile) alloggiati in affitto. In seguito ha tenuto le posizioni aggiungendo alla propria base sociale storica in via di contrazione i ceti dipendenti emergenti al seguito del welfare e dell’espansione dei settori istituzionali. Sino a che, dopo la crisi del 2008. anche questo blocco ha perso peso e consistenza. Il Pd cercando di agganciarsi ai nuovi ceti legati al neo-liberismo ha finito per frantumare ancor più rovinosamente la base sociale ereditata dalla storia della sinistra. Il risultato finale di questa evoluzione si consuma nelle recenti elezioni nelle quali la sinistra nel suo complesso si ferma al 26 %. Il punto più basso toccato nell’intera storia nazionale. Probabilmente ancora più basso se si considera l’equivoca evoluzione del Pd nell’ultimo quinquennio dove elementi di estrazione centrista hanno sostituito i vuoti lasciati dall’implosione dell’elettorato di sinistra.
Oggi la sinistra è ridotta ad alcuni frammenti politici e a una rete societaria che anche dove consistente (si pensi al sindacato, i cui aderenti in maggioranza votano per partiti non di sinistra) non è comunque un veicolo di appartenenza politica definito. In più la situazione è aggravata dal fatto che nelle ultime elezioni la sinistra ha perso consistenza nelle ex regioni rosse – consistenza che ancora persisteva, pure se attenuata, nel 2013.  Sicchè non ha più una sua base territoriale.
Contrariamente a quel che si pensa la sinistra riconfiguratasi dopo il compimento del ciclo ‘proporzionale’, cioè la sinistra dei ’90 e della prima decade del nuovo millennio non è stata un mero insieme di indirizzi erronei ed abiure. Pur essendo evidente una condizione di passività ideologica e di perdita di autonomia nel fuoco dello sconvolgimento della caduta del muro. Essa è riuscita comunque a superare la crisi elettorale del 94, caratterizzata da un clamoroso spostamento a destra del paese, surrogando la propria minorità sociale con l’invenzione politica e la capacità di fare coalizione. Se alla fine è crollata sotto l’incedere degli effetti della crisi economico-finanziaria e dell’immigrazione ciò è avvenuto in seguito alle scelte disastrose messe in atto nell’ultima legislatura e all’incapacità di governare il caos interno generato dalla imponderabile evoluzione del Pd a guida renziana.
Cionondimeno è chiaro. Si riparte da zero. Trovare un vettore unificante concreto, cioè ricostruire la sinistra come soggetto politico nelle attuali condizioni di frammentazione sociale rintracciando il filo delle ‘fratture’ sfuggendo al semplificazionismo del popolo come ipostasi è arduo. Bisogna ripensare tutto e fare qualcosa. Facciamoci gli auguri. .
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