utopie nella storia: La tentata utopia di Vasco de Quiroga

per Nicholas Dematteis

Vasco de Quiroga fu prima di tutto un vescovo spagnolo in territorio messicano, più precisamente nella città di Michoacán, nel Messico centrale, ma ebbe anche un ruolo di giudice assegnatogli da Carlo V. Il suo compito era quello di giudicare gli abusi subiti dagli indios nella così detta “ seconda Audiencia “ ( la prima era stata un fallimento, dati gli abusi fatti dalla stessa ). Durante il suo periodo da giudice attraverso le sue udienze riuscì a soffocare varie tensioni nate nel territorio tra indigeni e colonizzatori, e, in un certo senso, aprì la strada a quelle che saranno poi le missioni gesuitiche nei territori più a sud, incominciando già nel XVI secolo la difesa degli indios attraverso varie opere, la cui principale fu la fondazione di tre paesi .
Nel 1532, un anno dopo il suo arrivo nella Nuova Spagna, inizia a proprie spese i lavori di costruzione dei tre paesi a cui dà il nome di Ospedali di Santa Fe. Il termine “ospedale” si rifà al significato latino di hospes, ospite. La natura e la vita di questi paesi si riflette nelle Regole e Ordinanze per il governo degli ospedali di Santa Fe, che Vasco scrisse verso la fine della sua vita, assicurando il buon funzionamento dei tre fondati da lui, dove molte migliaia di persone, palparono la meravigliosa esperienza di far vita di famiglia. Quei peculiari paesi perdurarono fino al secolo XIX, quando furono soppressi da una feroce persecuzione religiosa. I paesi-ospedale hanno in comune, oltre lo spirito, un progetto architettonico disegnato proprio da Vasco. Sono dotati di una chiesa con accanto una fontana, un elemento che è sempre presente. C’è poi un posto decoroso per l’attenzione agli ammalati. Gli edifici che fungono da albergo sono chiamati con il suggestivo nome di “famiglie” e sono costituiti da un cortile centrale con attorno un certo numero di case. C’è una grande sala comune per intrattenimento e celebrazioni di determinate feste e una cucina dove tutti collaborano nella preparazione degli alimenti. Dispongono di un orto familiare utilizzato come luogo di ricreazione, per la semina di ortaggi indispensabili e aula pratica dove i bambini imparano le attività agricole. All’esterno del paese ci sono fattorie dove gli adulti, uomini e donne, lavorano durante alcuni mesi coltivando gli alimenti richiesti dal paese. L’ambiente è quello di una famiglia ben disposta al servizio e cura dei più bisognosi, soprattutto, gli ammalati. Si dà attenzione accurata alle vedove e si ricevono i bambini di cui le mamme non possono o non vogliono farsi carico. Si fomenta il rispetto reciproco specialmente verso chi ha minori capacità. Tutti devono aiutarsi con la correzione fraterna, dicendo chiaramente e amichevolmente la verità. Si dà molta importanza alle riunioni di famiglia, specialmente nei giorni di festa, che in questi paesi sono “la esaltazione della Santa Croce, del Santo Salvatore, della Assunzione di Nostra Signora, di San Michele Arcangelo e degli altri angeli ”. Nel paese si insegna ad alimentarsi e a vestirsi. La cura per le cose materiali deve essere preoccupazione di tutti. Nessuno possiede più di quel che ha bisogno. Tutti cambiano casa ogni due anni con il fine di curare quella in uso e non attaccarsi a nessun bene. Il denaro, che è di tutti, si custodisce in una cassa con tre chiavi che conservano il Rettore, il Principale e uno dei Reggitori. C’è sempre un clima di libertà, ma non si permette l’oziosità. S’insegna a lavorare anche ai bambini.

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