VAJONT E LA MEMORIA DEL MONDO

per Filoteo Nicolini
Autore originale del testo: FILOTEO NICOLINI

A conclusione di una procedura avviata su iniziativa della Associazione Tina Merlin di Belluno, il fascicolo processuale del disastro del Vajont è stato inserito nel Registro Memory of the World  UNESCO. La notte del 9 ottobre 1963 a causa di gravissime negligenze imputabili ai costruttori dell’opera, una frana di 266 milioni di metri cubici si staccò dal monte Toc e si riverso’ nel sottostante bacino idroelettrico formatosi a seguito della costruzione della diga. L’onda sollevata dallo smottamento risali’ il versante opposto della conca per poi precipitare nella Valle provocando la morte di 1910 persone e la completa distruzione di Longarone e di intere frazioni di Erto e Casso.

Al disastro fece seguito un lungo processo penale con condanne irrisorie. Il completo fascicolo processuale ora alla UNESCO significa il riconoscimento di testimonianze su come l’intervento umano possa causare disastri e catastrofi, agendo in maniera dissennata sugli ecosistemi naturali per finalità di profitto economico. Il fascicolo comprende oltre le tante testimonianze umane, informazioni che spaziano dall’economia alla sociologia, diritto,ingegneria civile, meccanica, idraulica, geologia, geofisica, tettonica, sismologia, fino alla medicina legale e le neuroscienze. Il disastro fu causato dal non aver valutato adeguatamente in sede progettuale la natura geologica del fianco del monte Toc che generò la frana, e inoltre aver sottovalutato i segnali che arrivavano a mano a mano che l’acqua saliva di livello. Ci si può chiedere a questo punto: perché tutto ciò non fu denunciato prima che accadesse? Perché i pochi giornalisti che si interessarono del caso furono intimiditi, ad esempio la giornalista Tina Merlin dell’Unità che riusci’ a mettere in luce la verità sulla costruzione della diga dando voce alle denunce degli abitanti di Erto e Casso. Denunciò i pericoli che avrebbero corso i due paesi se la diga fosse stata messa in funzione.  Inascoltata dalle istituzioni, fu denunciata dal Presidente della società SADE per diffusione di notizie false e tendenziose.

Eppure tutti nella Valle conoscevano la situazione del monte Toc e della orografia. La SADE ignoro’ tutti i segnali che il monte Toc diede nel tempo. Secondo molti degli abitanti, la diga non doveva essere costruita perché il punto scelto era da sempre soggetto a frane. Ciò non preoccupò l’azienda e la storia della grande diga durata 20 anni si concluse in 3 minuti di apocalisse con l’olocausto di quasi 2000 morti. A che serve parlare oggi del Vajont? Serve perché le tragedie anche a distanza di anni non esistono se nessuno le ricorda e le racconta. La storia completa inizia nel 1940 e va avanti tra studi di fattibilità, progetti, perizie e consulenze, espropri temporanei, intimidazioni di espropri forzosi ai montanari, commissioni di collaudo, nomine di nuovi esperti e nuove perizie, collaudi anticipati ed affrettati per non perdere i contributi governativi. Si arrivò perfino a costruire un modello per prevedere  gli effetti della caduta del monte, all’insaputa dei tecnici di Roma. Si rilevarono scosse sismiche attentamente epurate dalle relazioni che SADE inviava al Ministero.  Tutti sapevano che la montagna sarebbe venuta giù  perché il movimento del Toc era quasi visibile a occhio nudo.

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