Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 18 ottobre 2014
Il discussionismo sarebbe una delle peggiori patologie italiane, a sentire il premier. Una malattia perniciosa, che impedirebbe l’assunzione di decisioni e creerebbe la palude. Una piaga, di cui la sinistra sarebbe portatore malato. Ma Renzi sembra (sembra) non sapere che tutto, nel mondo, si sostiene grazie al nostro meraviglioso dono del linguaggio. Tutto, dalla vita sociale agli affari, passando per le polemiche arbitrali. Compreso lo stesso premier, che bombarda il mondo libero di sms ogni giorno. Che assume la regina degli hashtag a qualche decina di mila euro annui. Che, quando si riunisce nelle segrete stanze e officia i riti del ‘Patto del Nazareno’, credo non stia mai zitto. Oggi leggevo della progetto South Stream, il consorzio nato per la realizzazione del gasdotto russo-europeo: provate a immaginare quante discussioni sulle clausole contrattuali, quanti patti, accordi, telefonate, alleanze, discussioni ogni giorno impegnano centinaia di persone collegate al progetto, a partire dagli studi legali e per finire ai consulenti tecnici, per non citare i vertici delle singole amministrazioni o società in gioco. Senza questa folta rete linguistica, del progetto South Stream non sarebbe nulla (e magari sarebbe pure meglio). Guardatevi ‘House of cards’, tanto per essere noiosi, visto che c’è chi lo propone come argomento universitario. In ogni scena c’è una micro discussione, un faccia a faccia, uno strascico di scambi precedenti, si creano e si rompono alleanze sulla parola, si discute su problemi e soluzioni, si intriga. I momenti decisionali ‘formali’ sono poca roba rispetto alla tela del ragno delle discussioni private che viene tessuta infaticabilmente, facendo sì che le decisioni crescano man mano e si rafforzino sino alla presa d’atto formale, al netto di colpi di scena, secondo la logica dello ‘scambio’ e delle reciprocità.
Il ‘discussionismo’ , insomma, è un fenomeno strutturale. Virale. Tant’è vero che il primo malato di ‘patti’, annunci, chiacchiere, sms e comunicazione è proprio il premier. Lo vedete tutti. Il primo a tessere tele è lui, il primo a tramutare la decisione finale in una ratifica di accordi presi altrove è sempre lui. Pensate all’Italicum: si accorda in segreto, intreccia discussioni infinite con l’ipotetico nemico, e poi scarta la carta in Direzione e dice: interventi di cinque minuti, non di più, tra tre ore è tutto finito. Intanto Orfini fa da watchdog con la penna sul microfono e alla fine parte l’o.d.g. finale della serie ‘prendere o lasciare’. Più che discussione la chiamerei resa dei conti oppure, meglio, pausa the. Si dice: a forza di discutere non si prende mai una decisione! Una decisione? Se ci riferiamo a quella formale è un conto, ma se si pensa alla decisione vera, sostanziale, in realtà questa si compone di un’infinità di patti, micro decisioni, strette di mano, discussioni anche al bar o al bagno, intese, alleanze spicciole, chiarimenti alla buvette, telefonate, sms, uotsàp, annunci, ammiccamenti, complicità inconfessate. Una rete di atti e gesti performativi che valgono molto più di una alzata di mano.
Qual è il punto vero? Non che si discuta troppo. Ma che lo si faccia sempre più segretamente. Che la discussione pubblica sia residuale rispetto alla pattistica. Che le strette di mano nelle segrete stanze travalichino i dibattiti alla luce del sole. Che la votazione formale sia solo una ratifica finale, buona per i giornali e per le polemiche da talk show. Una segretezza che non ammette opposizione, la cui condizione è mettere a silenzio o quasi sinistra e sindacato, escluderli per ridurre tutto ai sussurri che circolano tra Palazzo e Nazareno, in una rete indefinita di micro accordi e Patti segreti. Far prevalere, insomma, gli ammiccamenti e le strette di mano private, gli accordi e i patti di cui nessuno sa, rispetto al confronto pubblico dinanzi ai cittadini, ai quali concedere al massimo annunci mirabolanti. E riportare la democrazia nei limiti appena vitali del voto elettorale prima e di quello di fiducia poi, costretti dapprima in una scheda e dopo nei cinque minuti concessi in streaming. Una democrazia sempre più spoglia di ‘pubblico’ ma incartocciata nel privato. Retorica nelle piazze e nulla nelle istituzioni. Un consenso che cresce nel deserto dei partiti-partiti e delle istituzioni repubblicane, veri ostacoli al cupio dissolvi degli intrighi di Palazzo. Una specie di consenso senza democrazia. L’ultima frontiera.



1 commento
Il problema vero è che gli italiani, la maggior parte, non capiscono e si illudono e quando si sveglieranno, temo, sarà troppo tardi