Fonte: facebook
di Alfredo Morganti 26 novembre 2014
Lo spazio e il soggetto
Il tema della coppia politica ‘spazio/soggetto’ è tornata in auge dopo la risposta di Orfini a Gianni Cuperlo. Il primo, difatti, accusa il secondo di concepire il Partito Democratico come uno spazio, dove si sta, si coltivano le proprie idee, si entra e si esce senza chiedere permesso e non si rispetta alcuna disciplina. Un ‘contenitore’, insomma, dove c’è dentro di tutto, anche cose teoricamente incompatibili tra loro. E invece, dice Orfini, nel PD ci si deve stare discutendo assieme e decidendo assieme, e accettando tutti le decisioni della maggioranza.
Mi sono subito chiesto di che cosa stesse parlando il Presidente dell’Assemblea Nazionale del PD. Dove si trovasse questa soggettività così pimpante, così energica e politicamente attiva, che altri (Cuperlo, Fassina ecc.) praticherebbero invece come grigio ‘spazio’ neutro. Mi sono guardato attorno e non ho visto nulla, nessun partito risponde a questa descrizione, e anzi proprio nessun partito ho visto. Il deserto. E, come me, anche 700.000 elettori del PD non hanno ritenuto di vedere alcunché di soggettivo e di comunitario dinanzi ai loro occhi nel giorno delle urne emiliane. Alcunché di propulsivo, di concretamente aderente alle esigenze effettive di una terra. Siamo tutti diventati strabici?
Quando la direzione deve solo ratificare decisioni già prese prima, sovente in segreto (e talvolta nemmeno quelle) vuol dire che lo scopo di tutti si riduce a stare in posa dinanzi alla telecamera durante lo streaming in direzione. Spiegatemi: questo sarebbe uno spazio o un soggetto politico? Io non ho dubbi in proposito. Si tratta di un contenitore omogeneo ai format televisivi. Il soggetto, al contrario, è quello dove c’è rispetto, quello che cerca la sintesi interna, esprime iniziativa politica, risponde alle questioni in campo, è reattivo rispetto alle esigenze pubbliche e produce una sorta di energia di cui tutto il partito potrebbe giovarsi invece di mettere alla gogna i dissidenti.
Ecco, lo spazio politico è paradossale: apparentemente neutro, tuttavia getta anche anatemi. È una specie di dispositivo di controllo, come non lo è la soggettività politica vera e propria, che crea anzi un più forte senso di appartenenza e di condivisione. Perché il soggetto politico si dilania in discussioni, magari, ma non le disprezza, anzi le promuove, e costruisce una sintesi che sia la più ampia possibile, non l’esito di un accordo di maggioranza sottoscritto da pezzo e da un altro pezzo, a scapito di altri pezzi ancora. E vede la dissidenza come una chance in più, non come una zavorra.
Insomma, se proprio debbo intravedere una logica della soggettività, la scorgo nell’azione dei 30 ‘dissidenti’, che sul lavoro, un tema specifico, caldo, che cerca rappresentatività hanno tirato fuori la testa da quell’angusto contenitore che è il PD, per alzare i toni della discussione. Anzi per promuoverla una discussione, per accendere un’energia attiva, come non accadeva da tempo a sinistra. Da mesi il tema è solo il potere, e l’unica attività la manovra politica interna ed esterna. Rompiamo questa ragnatela. Il PD non è un’agenzia di comunicazione. Si torni alla politica.


