Fantacronaca dell’esodo democratico

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Enzo Scandurra
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://fondazionepintor.net/politica/scandurra/esodo/

da il manifesto del 29 novembre 2014

Gli ultimi risultati elettorali dell’Emilia Romagna sono un segnale di forte protesta ma indicano anche il pericolo di cosa potrebbe accadere in Italia, se il distacco dalle urne dimostrato dagli elettori più assidui del voto diventasse un fenomeno nazionale. Un disastro per la democrazia ma anche un grande vantaggio per il Partito unico della nazione  

  di Enzo Scandurra, 28 novembre 2014

Il Signor Gre­go­rio S. si alzò una mat­tina senza accen­dere la radio, come aveva sem­pre fatto in pas­sato. Prima di salire in auto per recarsi al lavoro, non passò dall’edicolante per acqui­stare la copia del solito quo­ti­diano che leg­geva ogni giorno da 40 anni. E la sera, seduto in pol­trona, anzi­ché accen­dere la tele­vi­sione si mise a leg­gere un libro che gli ave­vano rega­lato il giorno del suo com­pleanno. Que­sta sarebbe una sto­ria insi­gni­fi­cante che non meri­te­rebbe nep­pure di essere rac­con­tata se non fosse per il fatto che quel lunedì altri 60 milioni di abi­tanti non aves­sero, per motivi del tutto indi­pen­denti l’uno dagli altri, dimen­ti­cato di ascol­tare la radio, dimen­ti­cato di acqui­stare il quo­ti­diano e tenuta spenta la televisione. Il giorno dopo alcuni quo­ti­diani ripor­ta­rono que­sto curioso avve­ni­mento. Molti lo fecero nelle pagine interne accanto ai fatti di cro­naca. Altri, più pre­oc­cu­pati, pub­bli­ca­rono la noti­zia in un tra­fi­letto in prima pagina anche se con scarso risalto. Ma nes­suno lesse o com­mentò quel curioso avve­ni­mento per­ché anche in quel secondo giorno, le per­sone, sem­pre per motivi indi­pen­denti l’uno dagli altri, dimen­ti­ca­rono di acqui­stare i gior­nali e di ascol­tare le noti­zie da radio e televisioni. Il terzo giorno ne par­la­rono tutte le tele­vi­sioni del paese, ma anche que­sta volta la noti­zia non venne ascol­tata da nes­suno. Nel frat­tempo le per­sone con­ti­nua­rono a vivere la loro vita quo­ti­diana, facendo ogni giorno più o meno le stesse cose del giorno pre­ce­dente, salvo: accen­dere la tele­vi­sione, ascol­tare la radio, acqui­stare quotidiani. Il quarto giorno molti depu­tati e sena­tori posero il pro­blema all’ordine del giorno del Par­la­mento, ma la noti­zia, per quanto allar­mante, non fu ripor­tata dalla stampa, nep­pure comu­ni­cata dalla radio e dalle tele­vi­sioni per il sem­plice motivo che nes­suno leg­geva più gior­nali né ascol­tava radio o vedeva la televisione. Il quinto giorno i cit­ta­dini che pas­seg­gia­vano nel cen­tro sto­rico della città assi­stet­tero alla più strana mani­fe­sta­zione che si fosse svolta nel mondo occi­den­tale. Un cor­teo for­mato da un migliaio di per­sone tran­si­tava silen­zio­sa­mente per la città con car­telli e stri­scioni nei quali c’erano scritte frasi tipo «cosa vi abbiamo fatto?», «per­ché non volete più ascol­tarci?», accanto a più minac­ciose «senza di noi, voi non avete futuro», «la poli­tica è il pane quo­ti­diano». Guar­dando atten­ta­mente i volti dei mani­fe­stanti, i cit­ta­dini si accor­sero che si trat­tava di per­sone influenti: depu­tati, sena­tori, segre­tari di par­tito, gior­na­li­sti, con­dut­tori televisivi. Il sesto giorno i par­la­men­tari tro­va­rono la porta di Mon­te­ci­to­rio chiusa e si atte­sta­rono stu­piti nella piazza in attesa di rice­vere spie­ga­zioni. Furono fatte diverse con­get­ture. Quella che più cir­co­lava ipo­tiz­zava un colpo di Stato avve­nuto nella notte, per alcuni ad opera della destra, per altri, della sini­stra. Ma nel piaz­zale erano riu­niti i par­la­men­tari di tutti i par­titi poli­tici e, supe­rato il primo momento di stu­pore e dif­fi­denza, ben pre­sto capi­rono che nes­suno di loro ne sapeva niente. Il Pre­si­dente della Repub­blica infor­mato degli eventi scrisse un comu­ni­cato uffi­ciale per ras­si­cu­rare gli animi, ma poi non sapendo a chi affi­darlo, dal momento che radio, tele­vi­sioni e quo­ti­diani non veni­vano ascol­tati o letti, si affac­ciò al bal­cone e lo lesse ai pochi turi­sti stu­piti che sosta­vano nella piazza del Quirinale. Il set­timo giorno tutti i segre­tari di par­tito si riu­ni­rono per deci­dere cosa fare. L’analisi più con­di­visa era quella che la gente era ormai stanca di assi­stere a liti tra par­titi e a inter­mi­na­bili discus­sioni poli­ti­che senza che nulla mai cam­biasse. Deci­sero di scio­gliersi per for­mare un unico par­tito che li com­pren­desse tutti in modo da evi­tare qual­siasi con­flitto. Non sapendo come dif­fon­dere la noti­zia, i par­la­men­tari ciclo­sti­la­rono un volan­tino e lo distri­bui­rono per­so­nal­mente in tutti gli angoli della città. Il nuovo par­tito si sarebbe chia­mato: «Par­tito Unico della Nazione». Il Par­tito Unico della Nazione (Pun) approvò leggi, rego­la­menti, finan­zia­rie, ela­borò pro­getti di legge per la scuola e l’università, la sanità, i tra­sporti. Le leggi veni­vano appro­vate all’unanimità, non essen­doci alcuna oppo­si­zione, e con una velo­cità che non si era mai riscon­trata nel passato. Gre­go­rio S., e con lui altri 60 milioni di per­sone, con­ti­nua­rono ad alzarsi la mat­tina per andare al lavoro senza più accen­dere la radio, senza più acqui­stare quo­ti­diani e senza più, la sera, vedere la televisione.

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