Blue Economy

per Gabriella
Autore originale del testo: Gianni Girotto
Fonte: tracce
Url fonte: https://giannigirotto.wordpress.com/indispensabili/libri/blue-economy/

BLUE ECONOMY – di GUNTER PAULI – ed. AMBIENTE

A quattro anni di distanza dalla prima pubblicazione, Edizioni Ambiente presenta una nuova edizione completamente rivista di uno dei testi fondamentali dell’ambientalismo scientifico, in cui Gunter Pauli dà conto dei successi degli imprenditori e delle aziende che hanno abbracciato i principi della blue economy. La blue economy si basa sull’imitazione dei sistemi naturali, riutilizza continuamente le risorse e produce zero rifiuti e zero sprechi. Diversamente dalla green economy, non richiede alle aziende di investire di più per salvare l’ambiente. Anzi, con minore impiego di capitali è in grado di creare maggiori flussi di reddito e di costruire al tempo stesso capitale sociale. I risultati ci sono, e in tutto il mondo laboratori di ricerca, aziende e innovatori hanno adottato questi principi per aumentare la loro competitività dando nuova forma alle nostre economie.

gunter pauli

dal sito di Gianni Girotto, Tracce, che ringraziamo, pubblichiamo il riassunto dell’introduzione e del primo capitolo. Su https://giannigirotto.wordpress.com/indispensabili/ potete leggere i riassunti degli altri capitoli. Buona lettura

Prefazione – Introduzione

… Nel 1950 il prodotto mondiale lor­do era solo di 6.600 miliardi di dollari e da allora, in 60 anni, siamo giun­ti a un gwp da quasi 70.000 miliardi di dollari…

… passare quindi a una green economy e cioè a un’economia che produca il miglioramento del benessere umano e la riduzione delle ineguaglianze, impedendo l’esposizione delle future generazioni a rischi ambientali signi­ficativi e alla scarsità ecologica…

… Gunter Pauli si ispira direttamente alla sfida straordi­naria e innovativa dei nuovi modelli di produzione che vanno oltre i con­cetti di ecoefficienza e Life Cycle Assessment e, come ci ricorda una delle figure pionieristiche della biomimetica Janine Benyus, ci “introduce in un’era basata non su ciò che possiamo estrarre dalla natura, ma su ciò che possiamo imparare da essa”…

… In poche parole, dobbiamo riuscire a copiare gli ecosistemi che sfruttano la fisica e le mate­rie prime che hanno a disposizione per soddisfare le esigenze fondamen­tali e promuovere l’efficienza e la diversità…  affascinante e coinvolgente cambio di rotta nei nostri modi di pensa­re e di agire per realizzare un cambiamento epocale nei nostri modelli di progettazione, di produzione e di consumo… per far sì che i nostri sistemi produttivi siano in grado di imitare al meglio ciò che la natura ha lungamente sperimen­tato in miliardi di anni di evoluzione, per consentire la possibilità di rag­giungere società a emissioni zero, riequilibrando quindi i nostri metabo­lismi sociali in quelli naturali… dimostra la consa­pevolezza raggiunta circa gli effetti del nostro intervento distruttivo nei confronti degli ecosistemi che viene paragonato a quello dei grandi dina­mismi geologici del nostro pianeta (dal vulcanesimo ai terremoti)… non sembriamo affatto esse­re coscienti che proprio sui sistemi naturali si basa il nostro benessere e quello delle nostre economie…La nostra cultura dominante ci conduce invece a trascurare e spesso a ignorare i processi e le funzioni svolte dai sistemi naturali, e ogni volta che li danneggiamo, distruggendoli o indebolendo le loro capacità di resi­stenza e resilienza, abbiamo difficoltà a comprendere che stiamo conte­stualmente riducendo le nostre opzioni di sviluppo per il futuro…

… È amaro osservare che l’umanità ha sperperato questi ultimi trent’anni in futili dibattiti e risposte volenterose ma fiacche alla sfida ecologica globale. Non possia­mo bloccarci per altri trent’anni. Dobbiamo cambiare molte cose se non vogliamo che nel 21° secolo il superamento dei limiti oggi in atto sfoci nel collasso”…

… Per indirizzare il sistema verso la soste­nibilità e la governabilità, basterà rovesciare le medesime caratteristiche strutturali:

1. La crescita della popolazione e del capitale deve essere rallentata, e infi­ne arrestata, da decisioni umane prese alla luce delle difficoltà future, e non da retroazione derivante da limiti esterni già superati.

2. I flussi di energia e di materiali devono essere ridotti aumentando l’ef­ficienza del capitale. In altri termini, occorre ridurre l’impronta ecologica e ciò può avvenire in vari modi: dematerializzazione (utilizzare meno ener­gia e meno materiali per ottenere il medesimo prodotto), maggiore equità (ridistribuire i benefici dell’uso di energia e di materiali a favore dei pove­ri), cambiamenti nel modo di vivere (abbassare la domanda o dirottare i consumi verso beni e servizi meno dannosi per l’ambiente fisico).

3. Sorgenti e serbatoi devono essere salvaguardati e, ove possibile, risanati.

4. I segnali devono essere migliorati e le reazioni accelerate; la società deve guardare più lontano e agire sulla base di costi e benefici a lungo termine.

5. L’erosione deve essere prevenuta e, dove sia già in atto, occorre rallen­tarla e invertirne il corso.

…Gli studiosi indicano nove grandi problemi planetari e sottolineano che per tre di questi (cambiamento climatico, ciclo dell’azoto e perdita della biodiversità) le ricerche sin qui svolte dimostrano che abbiamo già sor­passato il “confine” che non avremmo dovuto oltrepassare. Queste nove problematiche sono: il cambiamento climatico, l’acidifica­zione degli oceani, la riduzione della fascia di ozono nella stratosfera, la modificazione del ciclo biogeochimico dell’azoto e del fosforo, l’utilizzo globale di acqua, i cambiamenti nell’utilizzo del suolo, la perdita di bio­diversità, la diffusione di aerosol atmosferici, l’inquinamento dovuto ai prodotti chimici antropogenici…

… La cultura dell’analisi delle relazioni tra sistemi naturali e sistemi sociali ha condotto a ragionare complessivamente sull’intero ciclo di vita dei nostri prodotti industriali {life-cycle thinking), cioè al pensare a come un prodotto da noi usato si origina, come viene utilizzato, come viene pro­cessato a livello industriale, quanta energia, quanta materia prima, quan­to suolo, quanta acqua sono necessari per ottenerlo, se viene riusato o riciclato, quale è la sua fine al termine del ciclo di vita… La dichiarazione finale del Forum, che ha visto la partecipazione di tanti illustri studiosi dell’uso delle risor­se, è molto chiara: andare avanti con il modello di crescita continua di utilizzo delle risorse della Terra non è possibile, è quindi indispensabile assicurare la stabilità economica alle società umane in un mondo finito, modificando profondamente i nostri sistemi di produzione e consumo.

… Non possiamo pensare che possa proseguire all’infinito il meccanismo della crescita continua e non possiamo pensare che i nostri sistemi sociali possano mantenere o, addirittura incrementare, la situazione di spaven­tosa ingiustizia sociale planetaria attuale

…”Se gli esseri umani desiderano conservare l’attuale stato di benessere, dovranno imparare a imitare il sistema di flussi di nutrienti e il metabolismo altamente efficace della natura, ‘dalla culla alla culla, in cui il concetto stesso di rifiuto non esiste. Eliminare il concetto di rifiuto significa progettare tutto  – prodotti, imballaggi e sistemi – fin dall’inizio in base al principio che il rifiuto non esiste”…

… Questa è la nostra sfida per l’immediato futuro. Dobbiamo ispirarci alla natura e imitarla il più possibile. E questa sfida diventa ancora più signi­ficativa proprio nel 2010, proclamato dalle Nazioni Unite come Anno Internazionale della Biodiversità. Il libro di Gunter Pauli costituisce un significativo e importante contri­buto per dimostrare la concreta possibilità che abbiamo già oggi, di atti­vare percorsi di produzione molto diversi da quelli sin qui perseguiti. Avviare questa strada dipende solo da noi.

Capitolo 1) RISORSE ETERNE PER LE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO

… Ogni spe­cie vivente ha imparato ad adeguarsi a ciò che il territorio circostante ha da offrire. Plasmata dalle inevitabili leggi della fìsica, nel corso di milioni di anni, ogni specie ha appreso modi per affrontare le insidie e sopravvi­vere, ricorrerendo semplicemente a ciò di cui dispone e facendo ciò che le riesce meglio… … Gran parte delle nostre industrie generano enormi quantitativi di rifiuti. A ogni tonnellata di rifiuti solidi urbani corrispondono 71 tonnellate di rifiuti provocati dall’estrazione, produzione e distribuzione dei prodotti… …Ci sono scorie nucleari, terreni inquinati dai metalli pesanti, falde acqui­fere contaminate dal cromo e discariche traboccanti di plastica. Si sep­pelliscono i rifiuti del nostro consumo in discariche centralizzate per poi essere bruciati quando il volume aumenta. È fuorviarne ritenere che l’in­cenerimento dei rifiuti generi energia, la combustione riduce semplice­mente il contenuto di umidità, e dunque il volume* ma gran parte dei componenti rimane. …Si stima che, negli Stati Uniti, ogni anno, il costo complessivo del solo trasporto dei rifiuti alle discariche ammonti a ben 50 miliardi di dollari. Se a questo si aggiungono i costi della raccolta, del trasporto, della diffe­renziazione e dello smaltimento dei rifiuti dal settore edile, agricolo e industriale e minerario, il costo raggiunge l’incredibile somma di mille miliardi di dollari. Ciò significa che, ogni anno, il denaro sprecato in rifiuti è più del pacchetto di incentivi del 2009 per l’intera economia americana e maggiore dell’esorbitante deficit dei governi europei per immettere somme analoghe di contanti nelle banche in crisi. Anche se queste migliaia di miliardi contano come attività produttiva per la conta­bilità nazionale, è evidente che lo smaltimento dei rifiuti è un’attività improduttiva. I posti di lavoro creati non dovrebbero essere classificati come “verdi”. L’utilizzo del territorio per lo stoccaggio di rifiuti non è produttivo. Le infiltrazioni tossiche e i costi di contenimento sono inac­cettabili e ricadono sull’intera società…

… L’economia non sta andando a rotoli solo a causa della crisi dei mercati finanziari in cui circolava denaro immaginario. La destabilizzazione della nostra economia è dovuta al nostro mondo mate­riale che funziona sulla base di risorse fìsiche di cui semplicemente non disponiamo, e su rifiuti che non sappiamo più dove nascondere. Proba­bilmente, il primo cambiamento che occorre metter in atto è quello di smettere di produrre ciò che non serve, specialmente ciò che è tossico per noi e gli altri esseri che con noi vivono su questo pianeta…

… Il pro­fessor Shirai e colleghi hanno messo a punto un procedimento che tra­sforma l’amido raccolto dai rifiuti alimentari dei ristoranti in acido poli-lattico utilizzando un fungo, a temperatura pressoché ambiente. Praticamente, hanno elaborato un sistema per creare plastiche dai rifiuti delle cucine! Sebbene le materie prime siano agricole e rinnovabili, non esauriscono mai le risorse di un alimento di base come fanno il mais per i bio­combustibili o le plastiche biodegradabili. Inoltre, i rifiuti non vanno a finire in discarica, dove emettono gas metano.

… I leader industriali hanno l’opportunità di ottenere risultati analoghi nel campo di saponi e detersivi biodegradabili. I tensioattivi derivati dallo zucchero (alchilpoliglucosidi), utilizzati principalmente nell’industria far­maceutica, offrono un’alternativa ideale ai saponi realizzati con olio di palma da alberi piantati dopo aver disboscato vaste foreste pluviali in cui una volta vivevano liberi gli orangutanghi. In alternativa si potrebbe usa­re il d-limonene, una sostanza pulente, su base alcolica, estratta dalla scor­za degli agrumi. Se l’industria potesse fare a meno di usare sostanze chi­miche e cere per conservare la frutta immagazzinata per mesi o spedita su lunghe distanze, tali “rifiuti” derivati dalla produzione di succo di agru­mi potrebbero essere utilizzati per mangimi animali o come fonte di pec­tina (un agente addensante) aumentando il suo valore e diventando dav­vero un sapone verde biodegradabile.

… L’industria della carta ha una possibilità analoga. Tradizionalmente, la cellulosa e la lignina si lavorano; con solfati alcalini. Questo processo tra­dizionale di separazione del legno brucia chimicamente tutto tranne la cellulosa cosicché le fibre usate in commercio rappresentano l’unico pro­dotto. Il residuo, conosciuto come “liquore nero” viene incenerito. Il pro­fessor Janis Gravitis del Wood Chemistry Research Institute di Riga, Let­tonia, ha studiato processi alternativi per la produzione della carta, com­presa la creazione di una bioraffineria per estrarre, a scopi commerciali, tutti i componenti dell’albero, dalla cellulosa, emicellulosa, alla lignina e lipidi…

… Nonostante gli scettici sostengano che prendere esempio dagli ecosistemi difficilmente potrà sortire un esito positivo, in realtà tali sistemi sono creati in modo da rendere improbabile il fallimento. I sistemi naturali offrono affascinanti ed efficienti modelli di gestione, di produzione e di consumo. Anche se spesso si ammira e si decantano le singole specie, sono gli ecosistemi, nel loro insieme, a dimostrare modi efficienti di reagire ai bisogni primari di ogni individuo con le risorse disponibili localmente. Questo è un principio portante della blue economy che si contrappone all’attuale ciclo della storia economica in cui si è fondato un sistema su ciò che non possediamo…Gli ecosistemi non si evolvono in monopoli con pochi attori domi­nanti… Ingegneri e agronomi che potrebbero opporsi a un intero modello di siste­mi, giudicandolo come irrealistico, sono all’oscuro degli straordinari pro­getti che hanno già ottenuto notevoli risultati. L’output è elevato, con un basso input materiale; il consumo energetico è basso e in molti casi il sistema produce più del necessario. Miglioramento della salute, sicurezza alimentare e acqua potabile sono vantaggi aggiuntivi e non irrilevanti. Nel settore industriale, ci sono esempi dell’applicazione pratica di come nutrienti ed energia si trasferiscono a cascata da una specie all’altra e in un ciclo continuo, all’interno di un contesto regolato dalla fisica. Le industrie della blue economy stanno nascendo, capaci di generare occu­pazione per tutti. Si ispirano al modo in cui la natura si serve della fisica e della biochimica per creare interi sistemi che funzionano armoniosa­mente, trasformano spontaneamente e a catena, in maniera efficiente sen­za rifiuti o perdita di energia. Non solo tali forze hanno sviluppato i para­metri della vita sulla Terra ma hanno anche contribuito a plasmare la vita stessa. Passando da una percezione lineare alla visione di un modello rigenerativo ciclico, anche noi possiamo modellare i nostri comportamenti e le nostre pratiche per garantire la soddisfazione dei bisogni primari di tut­ti e che la nostra Terra – il pianeta blu – con tutti i suoi abitanti progredisca verso un futuro migliore.

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