Ue-Grecia, compromesso utile fino all’estate

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Antonio de Chiara
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di Antonio De Chiara – 23 febbraio 2015 , PROGREPS Managing Director

PROGREPS sottolinea la positività del compromesso trovato venerdi 20 dall’Eurogruppo venerdi sulla richiesta greca di prorogare il contratto di prestito in scadenza a fine febbraio. Le divisioni non hanno prevalso. E’ stata indubbiamente una delle settimane più difficili degli ultimi anni per l’UE tuttavia il senso della responsabilità e la fiducia reciproca tra i Paesi dell’UE hanno permesso un risultato che, seppur parziale, non può che esser giudicato in una nuova fase cooperativa tra la Grecia e l’Unione Europea della quale Atene deve continuare a sentirsi parte integrante. Il compromesso può contribuire a riavvicinare l’opinione pubblica ellenica alle comuni prospettive europee che per molti sono state in questi mesi o da rigettare o da scongiurare o, al meglio, da temere. Assumersi le proprie responsabilità vuol dire riconsiderare l’inflessibile adesione al rigido programma dell’austerità che ha gravemente compromesso la situazione socio-economica in Grecia. Bisogna tornare alla realtà. Alla Grecia deve essere data l’opportunità di ripagare il suo debito attraverso un accordo sul programma che faccia ripartire la domanda interna e permetta di pagare con un ritmo sostenibile. In altre parole l’UE non potrà imporre coma unica soluzione il vecchio programma della ‘Troika per intero’ ma dovrà continuare nei negoziati prossimi venturi a perfezionare un compromesso sui contenuti del programma che contempli una sua estensione tecnica.
Il nuovo clima, più disteso è stato reso possibile da attori istituzionali e politici di primo piano che hanno agito per non esarcerbare le già distanti posizioni: in primo luogo la Bce ha lasciato responsabilmente il sostegno dell’Ela alle banche greche e il Gruppo dei Socialisti e Democratici ha contribuito all’accordo – che in alcuni punti ricalca la bozza Moscovici – con una vera e propria azione conciliatrice nelle ultime settimane.
In realtà, la Grecia ha ottenuto diverse cose:
1. Il “contratto” della durata di quattro mesi è espressamente designato come una transizione verso un nuovo accordo, che naturalmente resta da definire.
2. La Grecia non è più obbligata a raggiungere quest’anno un avanzo primario di bilancio del 3%. È richiesto solo il pareggio.
3. Ora sarà la Grecia a scrivere l’agenda delle riforme, e la scriverà da sola. Le istituzioni daranno il loro parere, ma non potranno più imporre ad Atene un aspetto o l’altro di queste riforme in maniera imperativa
4. La “Troika” non esiste più in quanto istituzione, anche se ciascuna delle sue componenti continua ad esistere. Le condizionalità alla quale era costretta la Grecia dopo ogni visita degli emissari della troika ad Atene non saranno più riproposte, almeno nella forma e nei modi subiti dagli esecutivi greci pre-Tsipras.
Un vantaggio meno evidente è che il governo greco ha infranto l’unanimità di facciata dell’Eurogruppo e ha costretto il fronte conservatore tedesco – da Schaeuble a Weidmann – a manifestare le sue minacciose posizioni suscitando una reazione non ostile anche nella Spd. Tuttavia, la Grecia ha accettato di riconoscere – per il momento – tutti i suoi debiti. Non c’è stato alcun progresso su questo, e nessun segno di un cambiamento di atteggiamento da parte della Germania.
Con il sistema bancario al collasso e 30 miliardi di euro in fuga dal Paese, Tsipras e Varoufakis hanno scelto una via realista e preso tempo. I quattro mesi che separano questo accordo dalla sua rinegoziazione saranno un severo banco di prova, sia negoziale che politico, per la permanenza di Atene nella moneta unica. L’estate europea si annuncia rovente tanto quella greca. Una ripresa della domanda interna greca potrebbe dare refrigerio e far arrivare tutti più sereni all’autunno, stagione nella quale il QE della Bce dovrebbe aver dispiegato i suoi benefici effetti sui Pil di tutti i partner europei, Grecia compresa.

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