Fonte: facebook
di Alfredo Morganti 20 marzo 2015
“Lui, così attento alla narrazione positiva, ci raccomandava il ‘merito’. Mentre attorno raccomandavano i figli”. Così Andrea Fabozzi oggi sul Manifesto. “Lui” è Renzi, ovviamente. C’è chi sostiene che ciò sia materia di questione morale, che le ‘raccomandazioni’ siano solo uno sfregio all’etica pubblica. Può darsi, ma solo in parte. L’applicazione del merito avviene in special modo per le classi inferiori e per le famiglie più disagiate. Per i dipendenti, per gli ultimi, per le ‘code’ sociali. Lì si applica la ‘selezione’ e ai più bravi è concesso di andare a rafforzare il plotone di riserva della classe dirigente. Ma per chi nella classe dirigente ci sta già, con tutte le scarpe, il merito è un di più. E in ogni caso non è la risorsa principale. In tale circostanza i ‘figli di’ godono di relazioni, rapporti, agevolazioni, sgravi, raccomandazioni appunto, di cui nessun altro dispone in quella misura così determinante. Non è mai accaduto che un rampollo dei ceti alti, della classe dirigente, delle oligarchie politico-finanziarie sia retrocesso nel ceto medio o peggio, sfiorando il lavoro manuale. C’è una linea di galleggiamento oltre cui costoro non affondano mai. E c’è d’altra parte una linea di emersione, al di sopra della quale solo i più bravi, i più utili e i più meritevoli delle classi sociali più umili riescono ad emergere. C’è un confine, insomma, che fa da spartiacque e che seleziona socialmente, non solo culturalmente, i nostri figli.
Si obietta: la piramide sociale non consente a tutti di stare al vertice. Già, ma il punto è un altro, ossia che il ‘ricambio’ sociale nelle stanze del potere tende percentualmente a zero. Non c’è una questione morale, dunque, se non in parte, ma la cara, vecchia riproduzione sociale, quella per cui i figli degli operai debbono essere pronti a indossare le tute dei padri (a meno che non siano dei talenti naturali o eccellano superlativamente) mentre per i figli del vertice della piramide ci sarà sempre pronto almeno uno strapuntino in qualche stanzetta del potere. Peraltro, più è forte la crisi, più si innescano meccanismi di difesa sociale e di classe, più il confine diventa un muro invalicabile, alto e impervio, più quella linea diventa insuperabile e la mobilità sociale si attenua al minimo fisiologico. È il tempo dell’asserragliamento, della difesa dei privilegi, della conservazione della fitta rete di relazioni che le oligarchie mantengono per se stesse e per i propri affari. Insomma, la prossima volta che sentite pronunciare le parole ‘meritocrazia’, ‘valutazione’, “i migliori emergeranno”, pensate anche al concetto di destino sociale e non solo alla presunto ‘merito’ o alle patologie sociali connesse alla questione morale. È per rendere la verità dei fatti ancor più verità. E non pensare che le ingiustizie nel mondo dipendano soltanto dai cattivi costumi del potente di turno. No, il tema è il potere, la sua costituzione, la sua conservazione. Altro che.


