Il giudizio e la valutazione

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti 16 maggio 2015

Permettetemi di divagare un po’ (ma nemmeno tanto). Io credo che lo scontro in atto tra governo e mondo della scuola sia anche leggibile in base all’opposizione secca tra ‘giudizio e ‘valutazione’. La differenza tecnica tra i due termini l’ha spiegata Valeria Pinto sul ‘manifesto’ due o tre giorni fa. Il giudizio è un’interpretazione libera, che lascia dei margini all’insegnante – la valutazione è un procedimento meccanico, che tende a incasellare in uno schema prestabilito i soggetti e le loro produzioni. Parrebbe quasi una distinzione tra libertà (anche d’insegnamento) e adeguamento a un apparato tecnico-burocratico.

Giorgio Israel, da parte sua, distingue tra la scuola del ‘maestro’ che punta alla formazione di persone libere, e quella valutativa, che mira alla fabbricazione di individui confezionati in base a un’ideologia tecnocratica. Da parte mia, direi che la ‘valutazione’ risente molto del giudizio che Kant chiamò ‘determinante’, per il quale il ‘molteplice’ (i nostri atti, la nostra vita quotidiana, cio’ che vediamo, sentiamo, ecc.) viene sussunto sotto un concetto già dato. Accanto a esso Kant pose, invece, quello ‘riflettente’, che parte invece proprio dal particolare e non lo ‘costringe’ in un concetto precedentemente determinato – pervenendo tuttavia a un giudizio che metta però liberamente in moto le facoltà dell’individuo. Detto in altri termini, la scuola non deve impugnare lo stampino per produrre degli addetti all’impresa, dei conformisti obbedienti ai cliché del mercato del lavoro. La scuola deve formare persone libere, competenti ovviamente, ma critiche. E gli insegnanti, i maestri, non debbono rassegnarsi a essere meri esecutori delle prescrizioni ministeriali, come dice sempre Israel.

C’è un senso di responsabile libertà nel vecchio ‘giudizio’ e, invece, di incasellamento tecnico-burocratico nelle ‘griglie’ di ‘valutazione’ del modello anglosassone (invasi e tutto il resto). Ora, questa è anche la prova che il modello neoliberista nella scuola non produce affatto ‘libertà’ ma burocrazia, controllo, schematismi, vincoli d’apparato. Questo modello, qui, nella formazione scolastica, getta la maschera. Dovrebbe essere chiaro, ormai, che per il neoliberismo l’unico davvero libero di spadroneggiare è appunto il padrone, e tutti gli altri possono solo aspirare a una griglia e godere di una ‘conforme’ valutazione. La bella sorpresa è che la scuola italiana invece non molla e sta reagendo. Perché è sana nonostante la crisi è i tagli draconiani alle sue risorse. E’ come un patrimonio etico, culturale e umano che si sta risvegliando. Più di quanto non abbia fatto il mondo del lavoro con il Jobs act. L’arroganza di chi governa sta inciampando proprio qui. Davanti alle maestre, agli studenti e al patrimonio culturale ed educativo di una tradizione culturale ed educativa antica.

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