Voglia di destrutturazione

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 3 novembre 2015

Fino a ieri la preoccupazione di molti era che l’esecutivo prendesse il sopravvento politico e istituzionale sul Parlamento. Decisionismo, si diceva, che uccide la rappresentanza. Eravamo ancora all’interno della battaglia politica sull’Italicum. Si sa come è finita. Oggi, però, siamo in una fase nuova, e pochi se ne rendono conto a pieno. A partire da chi paventava rischi legati alla nuova legge elettorale voluta dal premier. Quale fase? Quella in cui l’esecutivo si diffonde a raggiera, strabordando persino dal mero ambito parlamentare, e proponendo un modello di governance in cui il personale politico si riduce, nella sua composizione, a tecnici, prefetti, magistrati, manager attorniati da una docile selva di nominati. Entriamo in una sorta di stato di ‘eccezione’, che legittima il ricorso a personale non politico, cooptato dall’esecutivo e dall’establishment direttamente ai posti di comando. Il punto, però, è che si annuncia anche una fase successiva, quella in cui alcuni di questi ‘tecnici’ si lanceranno alla ricerca del consenso tra i cittadini come candidati sindaci di centrodestra, centrosinistra o, meglio ancora, di entrambi gli schieramenti ammassati tra loro. Con l’elezione dei ‘tecnici’ si chiuderebbe una fase storica precisa, nella quale dopo l’estromissione del politico e l’emersione ‘eccezionale’ del ‘tecnico’, si avrebbe la LEGITTIMAZIONE POLITICA di quest’ultimo proprio IN QUANTO tecnico.

Corro troppo? Non credo. Leggete, a titolo di esempio, Lina Palmerini oggi sul Sole 24 Ore. È un inno ai senza casacche, alle candidature civiche, al trasversalismo, alla sfida dei tecnici o dei funzionari pubblici chiamati direttamente a guidare gli apparati istituzionali rappresentativi. Questi nomi, dice la Palmerini (ecco il punto), “sono potenzialmente in grado di destrutturare uno scontro che è sempre stato bipolare”. Di cancellare il confronto tra partiti, insomma, che della politica è il sale. La candidatura di Sala a Milano o quella di Alfio Marchini si muovono “lungo un consenso che può essere trasversale”. Basta, quindi, con la “forze contrapposte ideologicamente” e avanti col “civismo”, “in cui si può riconoscere qualsiasi elettore”. Qualsiasi. Di qualunque schieramento si sia parte (sempre che ancora si sia ‘parte’). È evidente che l’attacco ai partiti non è più generico, ma ha una traiettoria precisa. E Palazzo Chigi appare immensamente interessato a questa nuova linea di attacco, perché quel che resta della politica (in special modo la contrapposizione tra maggioranza e opposizione) intralcia senz’altro questa nuova direzione di marcia tecnica, trasversale, antibipolare che si è scelta. Il PD (o quel che ne resta) riesce (nel suo piccolo, e nel suo essere un arnese lontano da quel che si immaginava) persino a disturbare il manovratore, il quale, allo stato attuale, potrebbe essere indotto a spazzarlo via del tutto (rottamarlo) riducendolo ad arnese minimo, mero marchio, semplice scala per salire sul tetto del potere e poi gettare via. Non sarebbe il primo caso di un leader che uccide la sua creatura, perché d’ostacolo, perché costituisce una zavorra. Ma sarebbe clamoroso che ciò non segnali la vera patologia del sistema italiano: spazzare via la politica partecipata, organizzata, attiva, militante, di base, per ampliare lo spazio della manovra di ceto e di establishment. È chiaro, ma, a quanto sembra, ancora poco evidente a coloro che dovrebbero opporsi a questo andamento.

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