La questione ‘tecnica’ di vincere e di governare

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti,

di Alfredo Morganti – 9 marzo 2016

Il PD è divenuto una specie di paradosso. Un partito non-partito che, più che liquido, sembra gassoso, etereo, evanescente. I comitati elettorali americani di Hilary e Sanders sono, al confronto, il PCUS. La riunione di un comitato di quartiere, il consesso dell’ONU. Le primarie, ossia il DNA di questo partito, come si è detto, hanno messo a nudo, come se non bastasse, tutte le magagne. Oggi questa cosa senz’anima (Ezio Mauro) sembra come una macchina del fango che schizza su se stessa, tanto è evidente come si faccia male da sola. Il vero tafazzismo è questo, non quello dei cosiddetti ‘gufi’, che semmai sono i pochi ancora a ragionare con una testa e un cuore. Il vero tafazzismo è quello di un partito inconsistente, che dà di sé una pessima immagine, esatto pendant dei contenuti politici come minimo discutibili, se non abominevoli, che emergono solo se tirati fuori con le pinze. Perché sennò restano chiusi nelle stanzette dall’aria mefitica dove ci si riunisce non si sa nemmeno con chi e per decidere cosa. Si tratta di una sorta di vocazione maggioritaria a implodere.

Il punto è: quanto può durare una cosa così? E quanto possono ancora resistere quelli che in questo capolavoro politico al contrario non vi si riconoscono ormai più, ma vi restano appesi in attesa di chissà cosa? Senza calcolare che, se una svolta ci sarà, se l’onda di fango autoprodotto crescerà sino a minacciare le vie aeree, verrà riconsegnato agli oppositori il partito evanescente di cui sopra, quale arnese del tutto inservibile, almeno a sinistra! Non è ovvio che se salta tutto, allora saltano davvero tutti, anche quelli che, in buonissima fede, attendono una ‘svolta’? Che nessuno resterà impunito? Oppure che si tratterà alla fine di rottamare i rottamatori, seguendo pervicacemente la stessa logica che ci ha portati sin qui? Sempre che non accada il contrario, e magari ci sarà una grande pacificazione e si accoglieranno i vecchi avversari interni in un progetto più grande e riunificante di ‘nuovo PD’, capace di soddisfare la voglia di potere dei molti nomadi delle poltrone, nei cui sottoboschi crescono le primarie farsa?

Siamo, per la politica italiana, a una fase radicalmente ultimativa. Siamo oltre il cinismo e la fine dei valori, siamo oltre il ‘Dio è morto’. Perché sono sempre di più quelli che Dio nemmeno se lo ricordano più, nemmeno sanno che esistesse, e che per loro, logicamente, non è mai nemmeno defunto. Si è sempre fatto così, insomma. Si è sempre proceduto come se il fine della politica fosse solo ‘vincere’, non importa come, perché, per chi, in ragione di quali ideali, con quale fine, con quale maglietta indosso (compresa quella dell’ipotetico avversario). Solo ‘vincere’, e in nome di questo sacrificare tutto il resto. Tant’è che oggi le ‘parti’ non esistono più, e sono state cancellate tutte le linee divisorie. Contro la politica rissosa, che ‘divide’, ovviamente. C’è solo un tema in campo: la questione ‘tecnica’ di vincere. E poi quella ‘tecnica’ di governare. È solo ideologia della tecnica, insomma. Ideologia del ‘fare’. E le chiacchiere dei gufi stiano a zero. Punto. Della politica (in quanto conflitto tra le parti in nome di un sistema di valori, ideali, programmi alternativi, referenti sociali) resta una sorta di flatus vocis. Un soffio che si disperde. E poi vi meravigliate che le primarie finiscano così, in cronaca giudiziaria?

(Questa stagione di dispersione e di crisi, è cominciata con la rivolta ‘etica’ di Tangentopoli e finisce senza che più esistano una politica e un’etica. Vuoi vedere che la medicina, quella medicina era sbagliata? O meglio, che quella medicina qui doveva portare, a questo esito, distruggendo i partiti e ponendo il potere in mano alle ‘consorterie’, con termine desueto ma efficace?)

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