Renzi, un borghese piccolo piccolo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Lucio Giordano
Fonte: Alganews
Url fonte: https://luciogiordano.wordpress.com/2016/04/06/un-borghese-piccolo-piccolo/

DI LUCIO GIORDANO – 9 aprile 2016

Annaspa e si vede. E’ un Matteo Renzi in profonda crisi quello che cerca di passare al contrattacco dopo le dimissioni della ministra Guidi. Ma stavolta l’inchiesta giudiziaria di Tempa rossa lo ha  davvero messo in ginocchio. E non gli basta più sfoggiare le sue indubbie doti di comunicatore, da più bravo della classe. Matteo ha perso sicurezza, anche perchè è attaccato da più fronti . Ad iniziare da quello interno del Pd, della sinistra Pd. Gianni Cuperlo non gliele ha mandate a dire. ‘Non hai la stoffa del leader’: due giorni fa alla direzione dem.

Vero. Renzi è più un capo che un leader carismatico e sta vivendo un momento di grande confusione strategica.  Attacca  a testa bassa i magistrati che stanno indagando sullo scandalo lucano, poi fa marcia indietro: ma ormai la frittata è fatta. Ancora. Mette le mani avanti da Lucia Annunziata, domenica scorsa su  Rai Tre, dicendo che ‘gli girano le scatole se qualcuno lo prende per disonesto. Sono un ragazzo di provincia, io. Possono dire che non sono capace, semmai, non un disonesto’, è la sua chiosa.Vero anche questo. Però nessuno, in tutta sincerità, aveva dubitato sulla sua onestà, almeno non in maniera diretta. Perchè sottolinearlo, allora?

Un borghese piccolo piccolo, ecco l’immagine che sta dando al Paese il premier. Sicuro di sè quando il vento è in poppa, fragile quando la buriana è in arrivo, pronto a tutto per conquistare un posto al sole, spietato nella gestione del potere da difendere a tutti i costi, visto che per arrivare in alto ha fatto di tutto.

E a proposito. Con lo scandalo Tempa rossa ha paura del danno d’immagine per il suo governo, il premier. Cerca cosi di distogliere l’attenzione sulle inchieste dei magistrati di Potenza, rilanciando con gli 80 euro da dare anche ai pensionati (con quali coperture?). Dal giglio magico lo frenano, ma anche in quel caso ormai è tardi, altra frittata. E poi: danno d’immagine. Qui l’affare è molto più grosso. Si paventa l’ipotesi di disastro ambientale, poche storie. Pare che l’incidenza dei tumori in Val d’Agri sia aumentata del 23 per cento, da quando la Total ha impiantato lo stabilimento. E nello scaricabarile senza fine, Renzi che scarica la Guidi, la Guidi che scarica il padre di suo figlio, l’ingegner Gianluca Gemelli, c’è tutta la pochezza di una classe dirigente piccina, che avrebbe dovuto studiare molto di più, prima di prendere il potere. Perchè a 40 anni devi imparare molto, e non sei ancora pronto per stare al vertice. Inevitabile, dunque: alla prima bufera di cui non si vede la fine, e difficilmente la si vedrà da qui ai prossimi mesi, vai nel pallone.

Tra l’altro, della vicenda Tempa rossa colpiscono le tante incongruenze: i guadagni della Total e le briciole per l’Italia, un emendamento che secondo Roberto Speranza è passato nella notte e senza una discussione, e la risposta di Renzi che nega deciso. I dieci minuti dai giudici della Boschi, quando in realtà pare che la ministra sia stata tenuta almeno due ore. Dunque, una lunga teoria di bugie, di mezze verità, di detto e non detto, di tentativi di depistaggio mediatico. Nella realtà, a vedere il tutto in controluce, il governo  del rottamatore ha riproposto  semplicemente le stesse, identiche logiche delle politiche democristiane di una volta. Un gattopardo, insomma, che andrebbe smacchiato il prima possibile. Perchè non è un mistero che in due anni, pur di salvarsi, Renzi  sia stato costretto a rottamare  il ministro Lupi (scandalo rolex) e poi la Guidi,  e prima ancora il sottosegretario Barracciu. Quindi altri scandali, altre condanne eccellenti hanno colpito l’esecutivo del premier: la famiglia del ministro Boschi coinvolta nell’ inchiesta per  la bancarotta della Banca Etruria, lo scandalo di Mafia Capitale che ha travolto il Pd romano e poi il caso De Luca, le primarie a Genova e a Napoli, la condanna dell’alleato occulto di governo Dennis Verdini. Penso possa bastare. Risultato: il credito che gli italiani avevano dato al giovane premier  si è ormai esaurito.

A questo punto mi corre l’obbligo di dare lo stesso  consiglio che diedi a Silvio Berlusconi, quando iniziò ad essere travolto dagli scandali: dimettersi, prima che l’immagine da vincente venga offuscata per sempre. Tranquilli, però, Matteo non lo farà, anche se per il bene dell’Italia dovrebbe. Sì, dovrebbe  consentirci di tornare al voto entro la fine di giugno, al massimo in autunno, per ridare la speranza al Paese. Ma il dubbio è che se non lo farà lui, saranno i giudici a costringerlo. Continuare ad alzare polvere da sotto al tappeto, infatti, non è una buona strategia. Le tante incongruenze dello scandalo trivelle, a conti fatti,  rischiano di incatenare  completamente. Renzi. Lui stesso ne è consapevole.

E’ un pugile suonato,  Matteo. Lo si vede chiaro in volto.  Ma non si arrende. Gliene va dato atto: come tutti i borghesi piccoli piccoli che non vogliono essere ricacciati nell’anonimato, lotta alla stregua di un gladiatore. E nemmeno il gong gli farà alzare le mani in segno di resa.

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