L’esercito dei senza politica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti,

di Alfredo Morganti – 19 aprile 2016

Oggi Folli su Repubblica ci prende. Capita. Quando dice che il referendum ha fatto emergere un esercito di 15 milioni di voti senza padrone. Un aggregato sparso, “un magma indistinto privo di un disegno coerente e di conseguenza senza un vero leader”. Un ‘massa’, aggiungo io, che non ha più un partito (o dei partiti), o per lo meno non risponde più al comando delle silhouette organizzative che si aggirano per il Bel Paese. Quando si dice ‘crisi di rappresentanza’ a questo, anche, si allude: all’inesistenza di un coperta parlamentare e politica che sappia efficacemente ‘coprire’ la distesa sfuggente degli elettori. La famosa coperta corta, insomma.

Di solito, chi fa politica, si chiede ‘che fare’. E poi ‘come’. Ma ‘che fare’ viene prima. Renzi non avrà vita facile per mettere sotto il proprio cappello milioni e milioni di elettori, come dice sempre Folli, sensibili ad “argomenti antisistema” e che si nutrono di “sfiducia verso l’establishment”. Compito arduo, quindi, anche se io non credo che chi ha votato sia necessariamente un ‘antisistema’: il voto, al contrario, rappresenta un link importante verso le istituzioni, simboleggia l’aspirazione a risolvere la crisi con le armi della democrazia non con le sommosse. E comunque, resta un fatto indubitabile: quei 15 milioni un partito una rappresentanza salda e coerente non ce l’hanno più o quasi.

Si cominciano, insomma, a vedere pesantemente gli effetti dell’antipartitismo di questi anni. La scena politica è ormai spalancata: ci sono leader grandi, piccoli e infimi che solcano il palco e dialogano ormai soltanto con i media; ci sono partiti (o meglio comitati) che sono ectoplasmi in mano ai leader di cui sopra; ci sono ras locali, cacicchi, medi dirigenti nazionali, figure improbabili e inclassificabili che calcano la scena nazionale; ci sono ‘volontari’ che friggono salsicce senza nemmeno più sapere per chi e perché; ci sono elettori che non sanno più che pesci prendere e, a ogni scadenza, reinventano e rimotivano il proprio voto (e non voto); ci sono apparati, tecnici, funzionari, organi dello Stato, manager che ‘neutralizzano’ la politica per renderla più addomesticabile; e infine imprenditori, finanzieri, faccendieri, facilitatori che calcano il palco e si muovono da protagonisti anche per trarne vantaggi lobbistici.

C’è, inoltre, chi ha lavorato per questo, contro i partiti, per trarne indubbi vantaggi personali. C’è chi ha subito una prima fascinazione anni fa, e oggi ha capito di aver contribuito a generare un mostro. C’è, infine, chi nella fine dei partiti, del bene comune e dello spirito collettivo proprio non ci si ritrova. Ma il fatto indubitabile è che non ci sono più ‘corpi’, partiti e organizzazioni capaci di offrire un’interpretazione efficace della scena politica e produrre forme di partecipazione, e questa assenza si riverbera sulle coscienze in modo devastante: l’esercito dei senza padroni e dei senza partito appunto. Emanuele Fiano dice che oggi il governo è più forte. Beato a lui che ci crede. Senza un sistema di partiti che funzioni nessun governo è più forte. Semmai è più isolato e si scopre più arrogante rispetto a una società spezzettata e priva di orientamento. Una società che non è più composta di popoli ma di individui calcolanti. Il passo successivo alla crisi delle istituzioni liberali, rappresentative, parlamentari è la ‘stretta’, il giro di vite, il ri-accentramento, come si faceva una volta. Oppure la droga mediale. A meno che si esca dall’attendismo e dai tatticismi che non ci competono e indicano solo una sorta di vuoto spaesamento.

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