Paradosso degli“Europeisti” italiani e non

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Giovanni Caianiello
Fonte: Politicaprima
Url fonte: http://www.politicaprima.com/2016/06/il-paradosso-degli-europeisti-italiani.html

AFP_CI292di Giovanni Caianiello –

30 giugno 2016

Gli inglesi hanno scelto, d-e-m-o-c-r-a-t-i-c-a-m-e-n-te, di lasciare l’Europa dei burocrati.

Stufi di leggi e norme antitetiche con la loro cultura, economia e stile di vita, e per l’incapacità europea di far fronte al fenomeno dei migranti e del timore di un’invasione in piena regola, molto temuta dai cittadini. Queste le ragioni più evidenti, dichiarate dai sudditi di sua Maestà.

3e3f8f7578c040eefa5a5714371ba719-k26G-U43200315342758xiB-656x492@Corriere-Web-SezioniLa Troika non la prende bene, dapprima incentiva comitati e manifestazioni pubbliche per chiedere un nuovo referendum, poi getta la spugna, si arrende definitivamente e convoca una seduta plenaria straordinaria del Parlamento Europeo, giovedì 28 giugno 2016, per chiedere l’immediata accelerazione dell’uscita della Gran Bretagna. Domanda: Perché? Qual è il motivo di tanta fretta, quando l’art. 50 del Trattato di Lisbona, per loro una religione, recita tutt’altro? Eppure, i mercati stanno risalendo, la finanza ne sta riprendendo il controllo e le borse sono in ripresa. C’è un’altra spiegazione? Pare proprio di no, se non quella che gli oligarchi di Bruxelles e i sostenitori europei del “Remain” l’abbiano proprio presa male.

I politici di tutta Europa, compresi quelli di casa nostra onnipresenti nei talk show e sui giornali, continuano a sottolineare le buone ragioni del “restare in Europa” ed a sperare in un seguito positivo della contesa. Ma ciononostante i loro colleghi di partito nel Parlamento Europeo, fanno esattamente l’opposto, votando la risoluzione perché la procedura d’uscita si avvii il più velocemente possibile. Incoerenza o obbedienza cieca agli ordini della Troika, che tenta di evitare conseguenze ancora peggiori, se si dovesse arrivare al secondo semestre del 2017, quando è prevista la presidenza britannica di turno del Consiglio Europeo.

marine-le-pen-et-geert-wilders-le-28-mai-2014-a-bruxelles_4918647-640x360Il testo “anti” GB è stato approvato con 395 voti a favore, 200 contrari e 71 astenuti. Da sottolineare l’astensione di Sergio Cofferati e di 12 parlamentari del Ppe. A favore, hanno votato i rappresentanti dei partiti italiani del PD e della maggioranza di governo, del PdL, etc.. Contro hanno votato oltre ai conservatori inglesi, anche l’Efdd di Nigel Farage, l’Enf di Marine Le Pen e Matteo Salvini, la Sinistra Unitaria (Gue/Ngl) con Barbara Spinelli e Curzio Maltese e il M5S. Quest’ultimi, sostenendo che il Brexit deve avvenire secondo i tempi previsti, allo scopo di consentire ad entrambe le parti, le giuste e reciproche azioni, nell’interesse dei popoli. Per i Cinque Stelle, questo voto così espresso, rappresenta un palese tentativo di ricatto verso la Gran Bretagna, mentre ci si dovrebbe preoccupare di fare almeno autocritica, per capire le ragioni che hanno convinto gli inglesi a votare per il Brexit.

CameronCameron, tra l’altro, si è affrettato a dichiarare: “siamo e restiamo partner, amici, alleati, vogliamo il rapporto più stretto possibile in termini di commercio, cooperazione e sicurezza”. Mentre Angela Merkel ha sentenziato: “Nessun trattamento speciale per gli inglesi”, a testimonianza che il voto espresso in Aula, seppure non vincolante, rappresenta comunque una volontà e un indirizzo per la Commissione Europea presieduta da Juncker, per avviare una strategia di uscita diversa da quella che il buon senso dovrebbe invece dettare.

Accelerare l’uscita come vendetta, come segno di disprezzo, di punizione non meritata nei confronti di un popolo, di cittadini di un Paese membro, non mi pare un esercizio di sana democrazia. Perché stiamo parlando di una nazione a tutti gli effetti ancora componente dell’Unione, almeno fin quando non saranno definite le procedure previste dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che consentono due anni di tempo dal momento della notifica della decisione di uscire (* il testo completo lo potete leggere in calce).

dimaio_zoom1R439_thumb400x275La seduta del Parlamento, è andata avanti tra tensioni e scontri tra le parti a dimostrazione di una tensione palpabile e l’ostentazione di uno spirito di rivalsa che non fa bene a nessuno. Nel mentre le altre forze politiche anti europee come il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, affilano le armi per portare avanti la stessa battaglia in Francia.

I britannici, che non hanno mai adottato l’euro, hanno scelto di non essere più governati dai burocrati di Bruxelles, e di decidere in proprio le leggi e le norme che più si addicono al loro paese. È questa, alla fine la loro decisione, io ripeto, democratica, e per questo va rispettata e compresa. Tutto ciò, anche se con regole diverse, non impedirà comunque gli scambi commerciali e culturali con i paesi europei, così come sono anche allo studio nuove norme per facilitare l’ingresso e la circolazione dei cittadini europei. Certamente la risoluzione “punitiva” del 28 giugno del Parlamento Europeo, non ha avuto questo scopo e non agevola questo processo. Un voto sbagliato e pericoloso, che ha visto i cosiddetti europeisti convinti paradossalmente uniti contro un popolo di un paese amico e ancora membro dell’Unione. Auguri.

Giovanni CaianielloGiovanni Caianiello
30 Giugno 2016

Articolo 50 del Trattato di Lisbona

1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione.

2. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione. L’accordo è negoziato conformemente all’articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Esso è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo. 30.3.2010 Gazzetta ufficiale dell IT ’Unione europea C 83/43 Versione consolidata del trattato sull’Unione europea 43.

3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d’intesa con lo Stato membro interessato, decida all’unanimità di prorogare tale termine.

4. Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano. Per maggioranza qualificata s’intende quella definita conformemente all’articolo 238, paragrafo 3, lettera b) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. 5. Se lo Stato che ha receduto dall’Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto della procedura di cui all’articolo 49”.

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