I retroscenisti e quando il giornalismo diventa tragicomico

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 6 agosto 2016

I retroscenisti e ‘i suoi’. Quando il giornalismo diventa tragicomico.

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C’è alcunché di macchiettistico nei retroscena giornalistici. Genere che non amo perché trasforma il mestiere del giornalista in quello di sceneggiatore o di storyteller. La comicità sta nell’immaginare davvero, nella realtà reale, quel che viene raccontato. Ieri Maria Teresa Meli narrava del premier alle prese con le critiche per il blitz che ha condotto in fretta e furia alle nuove nomine RAI in pieno agosto. Ci descriveva un Renzi schermito, che avrebbe confidato ‘ai suoi’ queste parole: “È assurdo che mi venga attribuita la responsabilità di quelle scelte. Certe decisioni le prendono i vertici dell’azienda in perfetta autonomia”. Ora, al di là dell’effetto comico primario legato al contenuto delle parole renziane a proposito di autonomia aziendale, un secondo livello di comicità è invece nella situazione in sé. Ma ve lo immaginate il premier che si avvicina ‘ai suoi’ schermito, li blocca mentre stanno andando in buvette oppure al bagno, e magari hanno un cornetto in mano appena intinto nel cappuccino, e dice loro che è assurdo che attribuiscano proprio a lui l’onere del blitz agostano alla RAI. E poi si volta, non ancora soddisfatto, e blocca altri dello staff, dei parlamentari oppure i suoi tweettisti di fiducia, per spiegare loro accorato che le decisioni le assume l’azienda in autonomia, e non se la prendano con lui, dunque, riguardo alla defenestrazione della Berlinguer.

Immagino Renzi intento a chiarire questioni di fondo con la sua segreteria personale, con l’addetto stampa, con l’omino che gli legge i libri, con quello che gli compra le cravatte, o con l’altro che gli bagna d’inchiostro le spugnette dei timbri (se ancora ne usa): ‘i suoi’ appunto, come dice la Meli. Tutte persone che io mi raffiguro, a dire il vero, sempre guardinghe, caute, persino timorose che Renzi le prenda d’improvviso per un braccio e le chiuda in un angolo mentre si fredda in mano il loro caffè, per convincerli o confidare che lui a Letta gli voleva bene, e voleva davvero augurargli di stare sereno, mica cavoli, ma poi le cose sono andate come sono andate, e probabilmente D’Alema si è messo in mezzo e ha defenestrato l’ex presidente del consiglio per addossare la colpa proprio a lui, al nuovo premier. Me li immagino ‘i suoi’, questi poveri diavoli, mentre il capo del governo li bracca, li stana dalle loro stanze, dai loro bagni, dal bancone del bar, dal terrazzo dove vanno a fumare, e confida loro qualcosa, di solito banalità buone per i retroscena oppure stolide implorazioni. Me li immagino e sono solidale.

E dico loro: non può durare ancora per tanto, tenete duro, prima o poi qualcuno in Italia si accorgerà che è tutta fuffa, che non c’è niente di reale, al massimo un coacervo di tweet sparati alla rinfusa da Palazzo Chigi alle 6 del mattino, mentre la luce nella sua stanza vuota si accende e si spegne in automatico per il popolo e per i retroscenisti che ci credono. Come Fantozzi che muoveva le sagome in ufficio dinanzi alle finestre per dare l’impressione che ci fosse qualcuno. Una specie di mito della caverna, ma senza alcuna dignità filosofica. Non durerà ancora, e da quel momento saranno liberi, liberi veramente come dice Finardi, e potranno bersi un caffè in santa pace, e andare in bagno secondo necessità, senza nessuno che li consideri ‘i suoi’ e voglia confidare loro qualcosa, affinché lo ripetano alla Meli e a tutti gli altri che scrivono plot invece di articoli. Tenete duro amici, ci siamo, la fuffa cresce ed è sempre più evidente. È solo una bolla, si sgonfierà. ‪#‎statesereni‬.

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