La crisi della rappresentanza in Italia

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 22 agosto 2016

Il ‘distacco’ del popolo dalle istituzioni curato con altro distacco

Azzardo un’analisi e dico che oggi il vero punto dolente, l’effettiva incrinatura è tutta o quasi nella crisi di rappresentanza politica. Nel distacco forte, crescente tra società politica e popolo, tra istituzioni e soggetti sociali. Perché è qui, a questo livello che una democrazia trova forza e ragioni di esistenza, ed è qui, da questo distacco, che maturano le avventure politiche e si scompaginano in modo pericoloso gli assetti di potere. Chiunque non veda questo o lo trascuri colpevolmente o proponga la risposta sbagliata si rende responsabile di una possibile crisi democratica i cui esiti sarebbero davvero imprevedibili.

La risposta che oggi si tenta di dare a colpi di fiducia e di premi maggioritari va in tutt’altra direzione. Tende, ossia, a individuare nel potenziamento dell’esecutivo la soluzione, e dunque nel rafforzamento del governo, dei poteri centrali, delle leadership individuali. Rispondendo al male (la crisi di rappresentanza e la sfiducia) con la medicina sbagliata (un ulteriore distacco dei poteri di vertice dalla effettiva consisteva del popolo). Come se davanti a un abisso si continuasse ad ampliarne la distanza, ritenendo così di costruire un ponte o, almeno, un suo surrogato. Una pessima omeopatia, insomma. Negare la partecipazione nella forma del sistema dei partiti e della rappresentanza proporzionale, ritenendo che si tratti di una soluzione opposta e contraria ma comunque efficace, è davvero miope e da incoscienti.

Nessuna democrazia resiste, può resistere, a una forma di governo che sceglie di ‘maneggiarla’ dal solo vertice, aiutandosi ‘tecnicamente’ con il marketing e la comunicazione. La piramide non tiene se la si impugna soltanto dalla punta centrale, e non si puo fare leva sul vertice, semmai sulla base, che è più ampia e più consistente. E comunque una democrazia ristretta, ridotta a una partecipazione mediatica, passiva, solo ideologica non ha vita lunga né facile. Nessun leader, nemmeno Napoleone potrebbe governarla con efficacia per un lungo lasso di tempo. Prima o poi il distacco si farebbe tale da rendersi ‘necessario’, quasi invocato dal popolo stesso, una specie di eccesso autoritario, che sarebbe l’errore finale e decisivo.

La presunzione di governare con un minimo di fatica oligarchica, di occupare la stanza dei bottoni e da lì tenere in pugno una società complessa e diversificata come la nostra, è l’ultima a morire. Accade quando un’ideologia elitaria prende il sopravvento sulle strategie democratiche, in contesti sempre più intimoriti dalla crisi. È in quelle circostanze che le ‘masse’ (non vi ingannate, anche in una società individualistica e parcellizzata esiste la società, ed esistono classi, corpi, classificazioni e raggruppamenti di interesse) divengono ‘massa’, assumono una forma ‘informe’, perdono autonomia e divengono solo una funzione dei consumi di beni e servizi. Questa massificazione dovrebbe allarmarci. È il segnale che il governo tende a diventare sempre più tecnico, volto ad assicurare soltanto le ragioni dell’economia e di quelli socialmente più forti.

Un partito di sinistra, io credo, dovrebbe immediatamente farsi carico delle ragioni della politica, della partecipazione, della democrazia e della coesione sociale senza indugi, non cavalcare l’attuale tendenza leaderistica e oligarchica. Perché quest’ultimo storicamente è compito della destra a tutela dei vincenti, dei primi, di chi già tiene in mano il bandolo del potere. Ma quando accade quel che accade, ossia che la sinistra assegna a se stessa compiti che spettano ad altri, quando si è più realisti del re, quando si risponde a blocchi sociali eterodossi rispetto alla propria natura e tradizione storica, e la democrazia è còlta come un problema e non come la soluzione, allora sono guai. E allora sarebbe il caso di mettere in campo il coraggio giusto per ripristinare i termini esatti del confronto politico. Fuori da ogni confusione pericolosa. Cosa che non sta affatto avvenendo in Italia, o almeno non avviene nei termini necessari e con la forza dovuta.

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