Chi sono davvero gli scissionisti

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 14 novembre 2016

Il dato più rilevante delle elezioni americane, è il fatto che gli USA sono spaccati in due. Lo sono nell’elettorato (spartito alla pari tra i due contendenti), lo sono a livello sociale (dove vincenti e perdenti, minoranze e ‘bianchi’, donne e uomini si fronteggiano apertamente), lo sono a livello culturale (dove raffinate élite liberal urbane fronteggiano – anzi si discostano perplesse – dalla ‘rozza’ rabbia delle aree della rustbelt americana), lo sono negli stessi partiti, devastati dall’uragano Trump. La ‘spaccatura’, la divisione è, assieme, causa ed effetto del trionfo populista. Causa, perché la divisione è anche la base di lancio di ogni progetto antipolitico e antiistituzionale. Effetto, perché laddove trionfa la demagogia populista e antisistema la conseguenza è quella di dividere, facendo anzi leva proprio su questa divisione.

Non è un caso che la politica democratica scelga sempre o quasi l’unità, pur nel conflitto auspicabile tra partiti, tra raggruppamenti sociali e tra correnti di opinione. L’unità è la base forte su cui le democrazie si sviluppano, e così la rappresentanza e la fiducia verso le istituzioni che ne derivano. Dovremmo avere ancora nella mente la sfida che Moro e Berlinguer lanciarono nel pieno degli anni settanta, dinanzi all’attacco che il terrorismo portava alle istituzioni, presagendo sin d’allora i pericoli cui andava incontro la democrazia rappresentativa. Sconfitto quel progetto di unità, dilagarono tendenze politiche che, invece di tentare di governare i fenomeni di riflusso, consumistici, globalizzati, quasi vi si abbandonarono, alla ricerca purchessia di consenso, e se ne fecero forza.

Oggi Trump mette a nudo questo fenomeno di divisione permanente nel Paese simbolo dell’Occidente. Nel piccolo dell’Europa, altri soggetti politici stanno già cavalcando la ‘scissione’ presente all’interno delle istituzioni e tra queste e il popolo. Non si tratta solo di populisti, ma anche di figure borderline, outsider che hanno raggiunto il potere caracollando all’interno del sistema dei poteri, oppure figli dell’establishment che si palesano però come avversari del medesimo. La crisi della politica ha prodotto scissioni e ‘divisori’ in servizio permanente effettivo. I sistemi parlamentari sono stati sottoposti, da un lato, all’effetto delegittimante della globalizzazione diffusa, e dall’altro, all’azione di chi intravede come propria possibilità di vittoria soltanto la demarcazione e la divisione permanente nel popolo e nelle istituzioni, lateralizzando l’azione dei partiti, peraltro scissi e moribondi di per se stessi. Cavalcando la scissione alcuni apprendisti stregoni, paghi soltanto di gestire il potere, ne stanno occupando le principali casematte. L’effetto è un sisma che non garantirà nemmeno la solidità del potere in mano ai parvenu populisti.

Il referendum italiano è un esempio di ‘scissione’ in atto. La riforma costituzionale è nata spaccando il Parlamento. Votata a maggioranza ha richiesto un referendum. Il referendum sta dividendo in due il Paese, che invece dovrebbe essere unito in relazione alle difficoltà interne ed esterne che viviamo. Il panorama politico è devastato, il PD è ormai solo un sigla, o un marchio affisso a una merce scaduta. Dinanzi all’imperativo di ‘vincere’, va tutto bene per il conseguimento della vittoria, ed è il trionfo del cinismo. E tutto questo solo perché c’era chi non voleva la ‘navetta’ interparlamentare per i disegni di legge, e ha scelto la soluzione peggiore, ossia trasformare il Senato in un dopolavoro. E tutto questo solo perché si voleva assegnare il compito di dare la fiducia alla sola Camera. Bastava riunire, invece di dividere, per trovare una soluzione assieme al problema, invece di imporre un pasticcio legislativo (art. 70).

Il giocattolo si sta rompendo, questa è la verità. Il pupo che ci sta giocando è capriccioso e spaesato. Il ‘No’ può metterci una pezza, e ribadire la forza del vecchio impianto costituzionale. Ma dopo la vittoria del NO bisognerà ripartire con altre basi, unificando le forze invece di dividerle al solo vantaggio di qualche avventuriero politico. E servirà un sistema dei partiti che rimetta in circolo la democrazia rappresentativa tra istituzioni e popolo. Servirà ricostruire il sistema delle intermediazioni, altro che cancellarlo a beneficio di un Capo. Sennò sarà solo la lenta e indecente agonia di un intero Paese.

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