di Alfredo Morganti – 8 febbraio 2017
Oggi Massimo Franco sul Corriere scrive di una “minaccia” che suonerebbe “stonata”. A cosa si riferisce? La minaccia è quella di un Renzi pronto a regolare i conti all’interno del PD. La stonatura è nell’arretramento della sua linea di resistenza. È un segretario del PD indebolito che non rinuncia, tuttavia, forte dei suoi sondaggi sulle primarie (dove, a detta dei suoi collaboratori stravincerebbe con chiunque, anche con Moro o Berlinguer, pensate con Emiliano), a gridare gravi minacce. Curioso ossimoro. Una minaccia non può essere ‘stonata’, ossia pronunciata da una figura indebolita, palesemente sulla difensiva, arroccata a Rignano, che non mostra affatto di poter essere interprete attivo di quella stessa minaccia. E che mostra di non avere la forza per passare coerentemente a vie di fatto.
I suoi sondaggi dicono 82 a 18 contro Emiliano o Speranza, ma non dicono se si tratti di primarie aperte, di domande aperte, di chi voti o di cos’altro. Ma anche a darli per buoni, col PD che si sbriciola persino all’interno della maggioranza (Franceschini e Orlando, dice la Meli, chiedono conto), è difficile credere alla forza di un eventuale leader senza più un partito, nemmeno ectoplasmatico alle spalle. Leader de che? Di un nugolo di passanti imbeccati il giorno delle primarie? Oppure di curiosi che decidono di dare un’occhiatina in un circolo PD stranamente aperto, visto che sono sempre chiusi oppure si inaugurano, ma poi richiudono (vedi il caso a Roma di Pineta Sacchetti)? Cosa resta di un partito se le primarie (apertissime, spalancate, senza mura perimetrali, praticamente l’universo mondo) vanno da una parte e il partito, quel poco di partito che resta, invece saluta e se ne va, passando dallo stato liquido, già problematico, a quello gassoso e dispersivo?
Vi dico la verità. Quando ho letto della ‘minaccia stonata’, del leader che alza il ditino ma arretra, che fa la voce grossa in un corpo flaccido, non so come, ma io ho pensato a Forlani. Al coniglio mannaro. Forlani si diceva avesse uno spirito docile, ma riuscisse a ottenere sempre quel che voleva, almeno a livello politico. Per Renzi sarebbe l’opposto: carattere invadente e arrogante (lo abbiamo visto tutti), ma sempre più debole cogli avversari (la linea di arretramento, diceva Franco). Minaccia, sì, ma in modo stonato. Alza la spada ma arretra. Dice ‘caricaaaa!’, ma è costretto a guardarsi alle spalle, camminando raso raso al muro. Pur ritenendosi un grande tenore, stecca le note (più d’una, in vero), sino a che resta proprio senza voce tra i fischi del loggione, com’è stato nel caso del referendum costituzionale. Ci manca solo che i passanti lo confermino a gran voce segretario del PD o candidato a Palazzo Chigi, mentre il partito si è dileguato. ‘Ehi, non c’è nessuno?’ diceva la famosa particella di sodio. ‘Chi mi ama mi segua’ urlò lui, ma, a parte qualche sconosciuto capitato lì per caso (‘Socio io? Sono ir zio, nemmeno lo conosco mio nipote, cit.), alla fine si trovò solo, senza neanche più i passanti al suo fianco, ritornati a votare per la destra com’è d’uopo.


