Partiti e lacchè

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

 di Alfredo Morganti – 6 maggio 2017

Oggi Panebianco sul ‘Corriere’ ha scritto che Renzi in questi tre anni si è reso autore di alcuni sbagli, “primo tra tutti […] non aver voluto intorno a sé qualcuno che sapesse e osasse dirgli la verità”. Ora non mi interessa occuparmi dell’ex premier, ma concentrarmi sulla questione degli staff. Se un collaboratore non dice la verità, ossia non critica quando c’è da criticare, non esprime dei dubbi ove la situazione lo richieda, induce inevitabilmente all’errore il proprio capo. E quindi, se dice sempre sì, se lo esalta anche quando non è il caso, se si limita a lusinghe e adulazioni, se regge la coda, non è utile, anzi potrebbe rivelarsi persino dannoso. Mi rifaccio un po’ anche alla mia esperienza. Ho fatto parte di alcuni staff e, almeno in un caso, ho avuto la fortuna di essere stato sempre incitato alla critica, all’analisi, alla osservazione anche spietata. Parlo di Walter Tocci, non uno qualsiasi, non uno che si circondi di reggitori di code, anzi. Il punto è che la responsabilità spesso non è dei collaboratori, ma del Ministro, Sindaco o Assessore di turno, che non vogliono teste pensanti, ma dei semplici yesmen. L’idea è che la fedeltà sia più utile dell’autonomia e del coraggio delle proprie opinioni. Che sia più efficace circondarsi di gente sdraiata a tappetino, piuttosto che di menti ardite. Che si voglia obbedienza, non critiche utili a mettere a punto meglio un progetto, a verificarne la effettiva consistenza. Rendendo gli errori meno frequenti.

E non si tratta di un vizio personale di qualcuno in particolare. Ma di una tendenza dell’epoca. Relativa alla sostanza stessa del fare politica oggi. Che si fa con gli staff, le squadre, i guru, i consulenti, i cattedratici, i giovanotti cosmopoliti, i carrieristi, i professionisti, i pubblicitari, gli strateghi. Ma mai con i partiti a fianco. E i partiti non sono una élite o un ‘vertice’ agli ordini del Capo eletto alle primarie, ma un’impresa collettiva di donne e uomini che sono dirigenti, semplici militanti, e poi cittadini, gente comune, che giorno per giorno ti sottopongono a continua verifica, fanno domande, ti spingono a essere più efficce, a mettere a punto proposte sempre più adeguate alla fase e ti richiamano costantemente al merito della questione. Cittadini, iscritti, dirigenti, non dei passanti come alle primarie, non degli ambiziosi carrieristi senza ideologie come accade nei partiti di oggi.

Il male di esigere sempre dei ‘sì’ prevale perché gli odierni staff sono a servizio, sono ‘personali’, acconsentono inevitabilmente, mentre i partiti sono soggetti attivi di un dibattito o di un’azione pubblica, e non vedono nel leader colui che semplicemente garantisce dei successi professionali, ma un dirigente, un dirigente del loro partito, il vertice di un progetto più complesso e articolato del semplice marketing elettorale Un progetto fatto di strutture politiche, di una base attiva, di occasioni di dibattito, di esigenze vive, progetti e programmi, sentimenti e aspirazioni. Il leader come punto alto di una comunità che discute, critica, stimola, spinge, e non dice ‘sì’ a priori per propria mera convenienza (i soggetti collettivi non hanno convenienze individuali o personali!). Gli yesmen sono il prodotto, così, di un mondo politico senza più partiti. L’errore più grande di Renzi (riformuliamo così l’asserzione di Panebianco) è quello di avere dietro un non-partito, di essere il Capo delle ‘primarie’, non di un’organizzazione, non di un soggetto collettivo – anzi di aver distrutto questo stesso partito, portando a compimento un progetto antico, una fase e un destino vecchi di almeno venti anni. Senza i partiti scatta l’era dei valletti personali, lo abbiamo visto. E siccome i partiti li avete voluti morti, adesso tenetevi pure i Capi circondati dai lacchè. Tanto più se il Capo del Governo e quello del Partito coincidono. Punto.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.