di Alfredo Morganti – 10 maggio 2017
De Marchis, ieri su Repubblica, ci ha spiegato che cosa sia venuto a fare Obama a Milano: a “presentare un’iniziativa rivolta ai giovani dei Paesi in via di sviluppo o in condizioni di disagio nelle nazioni ricche. […] La Fondazione [Obama] si occuperà della loro istruzione, di creare alla lunga una nuova classe dirigente. E di capire come partecipare alla vita pubblica fuori dal recinto di partiti in crisi”. E a questo proposito si citano Macron e Trudeau. Prendere i più bravi e meritevoli, offrire un’opportunità e creare nuova classe dirigente fuori dal recinto della politica, questo è il progetto. E queste sono le cose dette dall’ex Presidente USA ai commensali italiani, che erano lì in rappresentanza di élite e classe dirigente (imprenditori, non politici a parte Renzi). Ha spiegato loro, in fondo, quel che essi volevano sentirsi dire. Che i percorsi formativi della nuova classe dirigente debbono travalicare la politica e attingere solo alle competenze tecniche. Immaginando una ‘politica’ tutta fuori dai partiti e dalle istituzioni, totalmente immersa in una società ‘aperta’, liberale, cosmopolita per chi se lo può permettere, tecnica, centrata sulle élite. Credo che gli imprenditori annuissero a queste parole molto soddisfatti. Avrebbe ragione la Tatcher, davvero la società (nel senso dei legami sociali, delle imprese collettive, del sistema dei partiti, delle istituzioni rappresentative) verrebbe meno a vantaggio degli individui più ‘bravi’, degli eccellenti, dei meritevoli, beninteso da ‘formare’ e da spingere in alto, pronti a collaborare docilmente con il resto della classe dirigente in cambio di una posizione gerarchica invidiabile.
Che questa sia musica per le orecchie di banchieri e imprenditori lo capisco pure, ma che dovesse essere Obama a pronunciare questo discorsetto mi lascia interdetto. La differenza con la Tatcher è solo che lei era più ‘classista’, e che la Fondazione Obama appare più ‘democratica’, ma sempre lì andiamo a parare: all’idea di una società di individui (però bravi eh!), senza partiti a zavorrare, votata alle eccellenze e ai talenti, sicuramente glamour. Io sapevo che la sinistra esiste perché esistono gli ultimi, e senza democrazia, partiti e prossimità ai più disagiati non si va da nessuna parte, non c’è società migliore. Non dico una cosa arcaica, dico una verità quasi lapalissiana. Certo che Obama parla di lotta alle disuguaglianze, ma come, con le tavolate dei capitani di industria? Con la ‘crema’ dei giovani e con la promozione delle eccellenze? Con un mondo di individui al posto della collettività? Con la ‘quarta via’ come dice Renzi, che poi sarebbe questa politica fatta da partiti acronimi come ‘En Marche’ o come diavolo si chiamerà? Con il Partito Democratico Mondiale? Con un manipolo di millennials ai vertici e milioni di altri giovani precari, senza un futuro, senza un progetto, che poi ti votano contro ovunque? Come li recuperi questi giovani, con i tweet, con i bonus, con gli sgravi agli imprenditori, con le chiacchiere in tv e con la retorica giovanilista? Ma quando mai. Il fatto vero, indubitabile, è la nuova fase che sta aprendosi, quella che ora ho descritto. Se non ci sarà una risposta all’altezza avrà ragione ‘Repubblica’ a chiamarla post-sinistra. Meno male che fuori dal PD qualcosa di muove.
PS. Bello lo slogan di Corbyn: ‘For the many, not the few’. Decisamente un’altra cosa rispetto alla ‘Milano da bere’ di Obama e Renzi.


