Meno tasse in Sicilia, dice Renzi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 3 agosto 2017

Tanto vanno sempre a finire lì. Berlusconi, Renzi e compagnia cantante. Al meno tasse, agli sgravi fiscali, alle ‘zone franche’, ai bonus. Devono aver capito che in questo modo non si fa il bene del paese, si infrange la regola costituzionale della equità e della progressività, si depauperano servizi pubblici già a secco, ma almeno si ottengono consensi e si acquistano vantaggi nel confronto elettorale. Renzi è più chirurgico di Berlusconi. Al ‘meno tasse per tutti’ universalistico del Cavaliere, il toscano risponde con proposte ‘ritagliate’ in modo sartoriale sui territorio e sugli elettori, quasi a loro misura. Gli 80 euro erano indirizzati ai dipendenti, ricchi o poveri che fossero. I bonus per mamme, asili nido, insegnanti e 18enni, erano anche essi circoscritti a fasce sociali e/o generazionali ben definite. Così per gli sgravi, rivolti agli imprenditori pronti a ‘nuove’ assunzioni, perché tanto per un terzo pagava lo Sato e il jobs act consentiva comunque di licenziare con indennizzo (scarso).

Ma da ieri c’è la novità: la proposta di considerare la Sicilia come grande zona franca fiscale al fine di attrarre i mitici investimenti privati sull’isola. “Non è pensabile, dice Renzi a Mondello, che la regione che ha salvato la faccia dell’Europa sull’immigrazione non possa avere diritti speciali sul piano fiscale”. Appunto. Siamo ancora a intonare il mood dello scambio immigrazione-risorse. In cambio della accoglienza vi cancelliamo un po’ di fisco, dice l’ex sindaco ai siciliani, così gli imprenditori possono investire qui pagando meno tasse.

Un capolavoro demagogico che si scontra però col rischio concreto dell’ennesimo flop elettorale. Tant’è che Renzi ha già messo le mani avanti: il test siciliano non avrà ricadute sul piano politico, dichiara. Ma non è una specie di deja vu?

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