di Alfredo Morganti – 19 settembre 2017
Da qualche giorno Pisapia non fa più notizia sul web. E la stessa ‘Repubblica’ non sembra aver apprezzato le secche dichiarazioni di discontinuità verso il PD espresse dall’ex Sindaco di Milano, e ancor più la ‘buca’ data ad Orlando al dibattito con Calenda. A partire dall’incontro Articolo 1 – CP di lunedì 11 settembre, quando un comunicato ha tagliato di netto alcune ambiguità politiche, la strada tracciata il 1° luglio a SS. Apostoli sembra aver ripreso una direzione concreta. In quello stesso comunicato si parlava di nessuna pregiudiziale verso nessuno, a partire dai raggruppamenti di sinistra (dico io) che volessero portare un loro contributo organico alla fase costituente che deve aprirsi al più presto (in primis SI e Possibile). Nella speranza che, se ‘listone’ sarà, non debba trattarsi solo di un’iniziativa elettorale ma dell’epifenomeno di un processo forte, organico di unità in direzione di un partito nuovo, del lavoro, della cultura, degli ultimi. Anche il concetto di leadership deve essere rivisto, deve ‘indebolirsi’, mentre la fase costituente dovrebbe essere democratica davvero sino in fondo. Solo un’iniziativa di questa profondità può aprire contraddizioni nello stesso PD (così come le ha aperte già in Campo Progressista, dove sono stati costretti a venire a galla i zeddiani, favorevoli invece a un listone col PD e solo col PD). In questo partito ci sono ancora energie, risorse, persone, elettori di sinistra, pezzi della tradizione, pezzi di sinistra storica mortificati dalla ottusa gestione renziana e dalla sua politica filiforme e mediale. Ci sono giovani, donne, lavoratori che sono (debbono essere) parte integrante di un possibile rinnovamento della sinistra italiana, del centrosinistra tradizionale, della stessa nostra cultura politica. Bisogna far leva per ‘spostare’ quelle energie, orientarle positivamente nella crisi del renzismo e ridare loro fiducia e prospettive. Non muri ma un guerra di movimento incessante.
C’è un Paese allo stremo, sopraffatto dalla crisi, da cui si fugge, che vive di piccole percentuali in più e in meno, dove crescono le disuguaglianze, il lavoro è sempre più precario e senza tutele, dove le differenze diventano abissi, dove l’integrazione sociale si sta tramutando in una guerra civile, dove i neri sono contrapposti ai lavoratori, dove l’istruzione, la formazione, la cultura o non esistono o sono semplicemente piegate alle esigenze del mercato del lavoro o delle classi dirigenti. Qui serve una sinistra propositiva, unitaria, aperta, capace di capire le contraddizioni su cui far leva, invece che arroccarsi intimorita di perdere i propri caratteri e la propria identità. Scusate, ma io rivedo qui la mia tradizione di comunista (italiano), certo in condizioni mutate e più difficili rispetto a 30-40 anni fa, va detto. Lo spirito dell’unità e del bene collettivo che prevale sugli interessi ristretti di gruppo e persino di classe. L’indicazione di guardare agli interessi del lavoro e dei lavoratori come a quelli della nazione, e viceversa, in una sovrapposizione generosa e risolutiva tra movimento dei lavoratori e avanzamento del Paese. Oggi questo germe deve riattecchire a sinistra, oltre la vicenda fallimentare del PD, in netta discontinuità con essa. Testimone, questo partito, di un amalgama fallito sin dalle premesse per un vizio di origine. Ma non perciò impossibile da riavviare, con tutto il senno di poi. Vizio di origine che fu soprattutto nella forma, nella interpretazione della politica, nell’idea del partito contenitore, nel loft, nell’élitismo, negli americanismi, nel trionfo della comunicazione sul radicamento sociale, dei tempi della comunicazione su quelli della cultura politica. La nuova fase costituente lavori su una nuova sintesi (sempre aperta certo) tra le forme e le culture politiche della sinistra, che dovrà caricarsi sulle spalle i problemi di questo Paese bello e impossibile. Ma stavolta su più solide basi strutturali, davvero radicate nella storia, nella società, nei quartieri, nelle scuole, nei luoghi di lavoro. In sintonia col Paese non con le agenzie pubblicitarie e i guru ben pagati. Nella fase costituente ognuno conti per sé, come donna e come uomo di sinistra, con le proprie idee e proposte. Davvero una testa un voto. Parrà banale e schematico quello che sto dicendo. In realtà si tratta di un compito arduo, difficilissimo, che a molti spaventa e per il quale non varrà più raccontarci storie consolatorie.



1 commento
Caro Morganti,
lei accenna all’elitismo per criticarlo, senza rendersi conto che tutto il suo pezzo è rivolto ad un’elite sociale minoritaria, che non potrà incidere significativamente nei risultati delle prossime elezioni politiche.
Perchè la Sinistra nel Paese si è ridotta a piccole %, avendo essa dilapidato ogni affidabilità; perchè il regresso culturale indotto ha prodotto un analfabetismo funzionale che il cmpianto prof. De Mauro faceva salire ad oltre il 75%; perchè oltre il 90% della Cittadinanza ha perso ogni fiducia nell’offerta politica ed anche nella politica come tale, per la pessima qualità dimostrata da troppi lustri (ISTAT, DEMOS).
I numeri necessari in democrazia per produrre cambiamenti, e disponibili, si trovano il quel 90% di cui una metà circa si astiene, mentre l’atra va al seggio mestamete solo per il male minore.
Quel 90% si può motivare positivamente solo con un’offerta che contenga un’EVIDENTE cesura col presente, non brutale come il vaffa di Grillo che nel 13 gli valse 8,5 milioni voti, ma con una lista elitaria, si elitaria, di persone che con la loro storia conosciuta e/o verificabile, possa garantire credibilità ed affidabilità anche all’elettorato più disincantato e distratto.
E penso, naturalmente, ai promotori dei comitati del NO, Italicum e CDC, a persone come Carlin Petrini, il magistrato Caselli, i proff. Settis, Zagrebelsky, Luca Mercalli, Mario Tozzi e assimilabili.
Una lista in tal senso dovrebbe essere l’obiettivo di Falcone e Montanari, lasciando essi la Sinistra sola alla propria difficile aggregazione. Solitudine che, per la paura di definitiva scomparsa dal panorama politico, è possibile dia un impulso decisivo e irreversibile all’unione.
Nulla poi impedirebbe una coalizione progressista e maggioritaria in Parlamento capace di arrestare e invertire degrado e declino, e che vada nel senso auspicato da lei, dal piccolo popolo della Sinistra, e da tutto quello che si riconosce nei valori costituzionali.
Paolo Barbieri