di Alfredo Morganti – 9 ottobre 2017
Ettore Rosato, alla domanda “che succede se Renzi incassa una batosta in Sicilia”, risponde: “Niente, le elezioni siciliane sono le elezioni siciliane”. Capite? A una domanda precisa del Corsera, Rosato (capogruppo del PD alla Camera, viticultore del Rosatellum) risponde con una semplice tautologia: le elezioni siciliane sono le elezioni siciliane, insomma A=A. È come ripetere la domanda facendola passare per la risposta. Dà due idee: la prima è che hanno già regolato i conti interni sulla batosta, patteggiando una gestione collettiva della fase politica (vedi la direzione ultima del PD); la seconda, è che ormai pretendono di governare il Paese in forma minimale, tautologica, perché di più non potrebbero: il PD è il PD, Renzi è Renzi, Berlusconi è Berlusconi, la crisi è la crisi, noi siamo noi. Senza aggiungere nulla al primo termine, anzi svicolando da ogni stretta possibile in questa direzione.
Pensateci. Il PD è nato dieci anni fa. Voi sapreste definirlo, oggi? Sapreste indicare con una certa precisione la sua collocazione, la sua identità, la sua natura? Ci sarà di voi chi mi dirà che è di destra, chi di centro, chi di centrosinistra. E pure chi di sopra e chi di sotto. Ci sarà chi dirà che è un partito, altri che è un contenitore elettorale, altri che è un marchio oppure solo la seggiola in cui siede il capo. In questa confusione, in questa immagine così caleidoscopica della cosa, ricorrere alla tautologia diventa necessario. Anzi obbligatorio: il PD è il PD, senza altri predicati. Punto. Solo uno, a dire il vero, ha tentato di uscire da questa tenaglia, ed è stato proprio Rosato, che ha tentato una sorta di propria declinazione personale nel ’Rosatellum’. Rosato è il Rosatellum: una specie di ‘avanzamento’ dialettico, uno scarto sottile, lieve, non tautologico che forse però è peggio, visto l’imbroglio elettorale che stanno varando.


