di Fausto Anderlini – 19 dicembre 2017
Dunque nella terra di Prampolini, Massarenti, Andrea Costa, Zanardi, Odoardo Lodi, Dozza, Zangheri, Fanti, Imbeni assieme a un sacco di gente che oggi si rivolta nella tomba, il Pd, che avrebbe voluto/dovuto esserne l’erede avrà come teste di serie nei collegi uni e plurinominali i Del Rio, i Franceschini, i Richetti e persino i Casini e i Galletti. Ovvero un bel branco di democristiani, coi portaborse. Con la sbagiuzza politica come contorno.
Al posto di quella che fu una nobile classe politica, di lotta e amministrazione, una varia umanità minore senz’arte nè parte genuflessa ai nuovi padroni del ‘partito’ tosco-renziano. Post-comunisti rimbecilliti, prodiani di risulta, bizzarri conversos e altre sbiadite figurine di una provincia ormai desolatamente povera di identità politica, e finanche di orgoglio regionale. In questo contesto appare decisamente comica la ‘preoccupazione’ del Pd di ‘tenere’ Bologna e la regione preservandola dall’irruzione della destra avocando a sè un sedicente ‘voto utile’. L’Emilia-Romagna e la sua grande tradizione politica riformista sono già persi. E già lo si era visto nel blocco politico-sociale che aveva sostenuto il Si nella battaglia referendaria. La guida alla borghesia dei quartieri alti che ha sempre avuto in odio il ‘socialismo municipale’ e al seguito strati di popolo remissivo ingannato con la fiction della ‘modernizzazione’ istituzionale.
Al punto che nella città emblema della Costituzione Repubblicana un’aquilotto come De Maria aveva rivendicato la pur risicata maggioranza del Si come un grande esercizio di ‘tenuta’ della ‘sinistra’ interna del Pd. Scambiando la resa totale quanto ingloriosa come una prova di egemonia. Mentre invece si trattava di una rottura plateale, un vero e proprio vulnus nella grande narrazione social-riformista dell’Emilia rossa. Alla fine depauperata e consegnata come una salmeria a un personale politico di potere ad essa culturalmente (addirittura antropologicamente e geograficamente) estraneo. Per Liberi e Uguali l’Emilia-Romagna costituisce il cimento di una ‘riconquista’ di ciò che è andato perduto e colpevolmente sfigurato. La ‘riforma’ nel senso proprio del concetto. Il ripristino di ciò che è stato deformato sino allo snaturamento. Inutile che al Pdr si facciano illusioni confidando in qualche forma di benevolenza pseudo-unitaria. Solo gli stupidi possono pensare che Liberi e Uguali sia stata messa in piedi per qualche traccheggio occasionalistico di ceto politico. Essa è bensì l’inizio di un movimento identitario che durerà nel tempo.


