Il male e la speranza politica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 23 gennaio 2018

Giorgio Oldrini, ex Sindaco di Sesto San Giovanni, spiega su ‘Repubblica’ in una sola frase, sintetica ed efficace, quali siano le ragioni dell’astensione, della sconfitta della sinistra, della crisi della democrazia: “Non ci sono più i grandi partiti che spiegavano e mediavano”. “Ciascuno pensa al suo presente. Uno cerca lavoro, non lo trova e si incazza con te”.

Ecco cosa rimane, quali brandelli, quale frammentazione di un mondo ormai dissolto a cui non si è sostituito nulla. Oldrini non dice: il PCI, il partito della sinistra. Dice: i grandi partiti in genere, ossia quelle organizzazioni politiche che parlavano coi cittadini e “spiegavano”. Erano la cerniera che univa lo Stato alle figure sociali, il canale anche linguistico dove si stabilivano le condizioni del dialogo e di uno scontro regolato dalla Costituzione. “Ciascuno pensa al presente”, aggiunge. Ricordate “Adesso!”? Ecco, anche quel claim renziano è stato un sintomo del passaggio di fase, della perdita di profondità e prospettiva in nome di un nulla chiamato ‘presente’. C’è poco da fare, la Seconda Repubblica nasce su questo progetto (polarizzazioni, coalizioni, leaderismo, ‘governismo’, ‘vincere’, ‘fare’) e riesce nell’intento predatorio di sfilare la politica (quella politica che organizzava, spiegava, mediava) dalle nostre mani, per ricondurre il sociale al marketing e agli algoritmi del consenso. Per dire, se prima c’era una problema c’era anche chi spiegava, oggi c’è solo chi ci mesta sopra per cavarne consenso. Semplice.

Io credo che la sfida di Liberi e Uguali sia anche (soprattutto) nel compimento di una rivoluzione. Nel lento ripristino o nella ricostruzione di una democrazia di massa, che preveda articolazioni e mediazioni invece delle chiamate alle armi di un Unto del Signore. Questa è la vera novità in un panorama ormai assuefatto all’idea che la politica sia solo zavorra, i partiti dei ladri, il Parlamento un chiacchierificio, il Palazzo un luogo del potere più oscuro e ‘pattizio’. Per fare fuori la sinistra, ora è chiaro, bastava soltanto privarla (e privarci) di un humus fatto di socialità, partecipazione e mediazione diffusa. Bastava spiegarci che eravamo padroni a casa nostra, ma fuori di casa ci avrebbe pensato quello che avrebbe vinto il plebiscito. Che i media non servivano a informare, ma avrebbero imposto la loro logica alla nostra vita pubblica. Che era tutta questione di ‘persone’ e non di organizzazione, che la leggerezza doveva sostituite gli ’apparati’, che lo Stato era anacronistico, le tasse non andavano pagate perché erano un furto e che la scuola doveva soltanto indirizzarci a un lavoro, bello e coinvolgente per i ricchi, purchessia per i poveri. Questo è il male, se proprio ve n’è uno. Che ha preso possesso anche della sinistra, che si è incarnato pure nel progetto del PD, e che oggi guida la mano del suo segretario ex premier persino nella ostinata ricerca, ad esempio, di un candidato forte, dal profilo di sinistra-sinistra, da opporre a quello di LeU a Bologna o a Lecce. È lo stesso male che Oldrini legge nell’odierna assenza dei grandi partiti che spiegano e mediano, e nella riduzione al presente di una storia che veniva da lontano e andava lontano. LeU non è solo una lista, non può esserlo, perché ha un compito storico davanti a sé, quello di restituire la speranza politica a tutti.

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