Il futuro non è già scritto

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Claudia Pratelli

di Claudia Pratelli – 29 gennaio 2018

Io non so com’è potuto succedere che Antonio, uno dei ricercatori più valenti che abbia conosciuto, sia rimasto senza neanche un assegno di ricerca. Né che Valeria insegni a scuola da venti anni, 20 ANNI, da precaria. O che Annalisa, Monica o Giovanna dopo quasi un decennio non siano ancora state assunte dal CNR. Mi sembra impossibile che Federica e Andrea -e tanti altri- siano stati pagati per anni a scontrini nella biblioteca nazionale di Roma, poi licenziati perché hanno alzato la testa e adesso qualcuno di loro pedali per foodora in lotta con l’algoritmo che decide come arrivano a fine mese. Non sono esempi e i nomi non sono di fantasia. Potrebbero anche esserlo dato che rappresentano la maggioranza degli esclusi di questo paese in quella particolare categoria dei sedotti e abbandonati: prima illusi, cresciuti nell’idea che l’impegno, lo studio, la passione li avrebbe portati dappertutto; poi abbandonati da un paese che ha scelto di mortificare il lavoro, la conoscenza, i giovani.

Lo ha fatto il centrodestra e lo ha fatto il centrosinistra con la precarizzazione del lavoro, il definanziamento della scuola e dell’università e meno tasse ai ricchi, che sono state le larghe intese non esplicite degli ultimi 30 anni. Quelli nei quali siamo cresciuti noi, le generazioni più istruite della storia repubblicana eppure mortificate; perennemente giovani, anche alla soglia dei 40 anni, ma mai adulte, perché essere adulti è proprio ciò che ci viene negato.

Io mi candido per questo. Perché non mi rassegno a questa follia deprimente e ingiusta che ci circonda. Perché metà dei miei colleghi di dottorato è andata in Francia e l’altra metà cerca di mettere in fila sti benedetti 24 CFU o lavora gratis. Perché il grido contro l’ingiustizia deve arrivare dalle piazze alle istituzioni che un potere di cambiare le cose ce l’avrebbero eccome. Perché quel grido si trasformi in proposte e atti: per la stabilizzazione dei precari, per abolire il lavoro gratuito, per garantire un’istruzione, questa sì, gratuita dall’asilo nido all’università.

Non so se ci arriverò, probabilmente no. Ma mi metto al servizio di un progetto, che oggi trova spazio dentro Liberi e Uguali, ma che va molto oltre. Oltre il 4 Marzo e le formazioni politiche esistenti.
Quello di evadere del senso comune con cui ci hanno avvelenati: che dice che i nemici sono i poveri o chi viene da un altro paese; che la conoscenza è per pochi e per gli eccellenti; che bisogna competere e chi non ce la fa è un perdente. E cambiare l’ordine del discorso come abbiamo fatto costringendo un paese a discutere di istruzione gratuita dalla culla all’Università perchè si tratta di un diritto universale.
Quello di organizzare i nostri bisogni e i nostri desideri. Di organizzarci. Per cambiare tutto, niente di meno.

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