La fissità dell’uguale. Nuove elezioni, sarà una replica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 9 maggio 2018

Oggi la politica è soprattutto ‘contro’. A forza di metafore calcistiche è diventata davvero calcio, dove una squadra si schiera contro un’altra per batterla e tentare di ‘vincere’. I leader politici hanno talmente bisogno di avversari su cui scaricare la propria energia che, in loro assenza, si perdono. Per dire, a Salvini servono gli immigrati. Ai 5stelle i politici ‘ladri’. A Berlusconi, i ‘comunisti’. A Matteo Renzi, dopo la ‘rottamazione’ (che non ha portato molta fortuna, a dire il vero), adesso interessa che si formi un governo 5Stelle/Lega. Un bel governo populista ‘nemico’, su cui sparare a zero e fare sponda per esercitarsi in una bella opposizione demagogico-mediale come se non ci fosse un domani. Ci ha asfissiato col ‘voto utile’ contro i populisti (quando però si votava in un regime di quasi proporzionale), ma da settimane punta solo al governo dei ‘cattivi’, sperando magari in un ticket Salvini/Di Maio.

Ci ha lavorato personalmente, ha fatto le sue telefonate, ci ha sperato. E immagino la delusione oggi che la cosa sembra sfumare del tutto, col rischio quasi certo di elezioni anticipate fra qualche mese o persino tra qualche settimana. E mo? Nessuno mi toglie dalla testa che la prossima campagna elettorale sarà una riedizione della precedente. Ancora centrodestra unito, ancora la sfida interna tra Lega e FI, ancora i 5Stelle a chiedere un ‘cambiamento’, ancora Berlusconi a frenare Salvini per allargare il campo a Renzi, e ancora quest’ultimo a chiedere un voto utile per il suo partito (o per una coalizione fittizia) contro i cattivissimi ‘populisti’. Facile immaginare che siano ancora questi ultimi a prevalere, con il PD a fare conseguentemente il ‘tifo’ (direbbe Renzi) per un’accoppiata Salvini/D Maio a Palazzo Chigi. Che barba che noia (cit. Mondaini-Vianello).

Perché c’è il rischio della riedizione del già visto? Perché il Rosatellum è quello che è, e gli effetti li abbiamo già negli occhi. Perché le forze politiche restano le stesse, anzi sono più incattivite. Perché Renzi ha un solo piano in testa, sintetizzabile in ‘vincere, e vinceremo’, ma poi, in assenza di vittoria, propenderebbe per la sconfitta totale, brigando che al governo vadano gli avversari. Un piano unico, potremmo dire, sempre lo stesso e sempre perdente. Tanto che mi chiedo donde derivi a Renzi la nomea di vincente, perché non se ne hanno tracce storiche. Quello che potrebbe cambiare è l’affluenza alle urne, a causa della crescita del disincanto e della sfiducia. Così come le forze politiche, d’altra parte, potrebbero fare una campagna più accorta, senza demonizzare troppo il tema delle alleanze, visto che prima o poi ci andranno a sbattere contro.

Quello che non cambia mai è il toscano, in una fissitudine imbarazzante: la candidatura di Gentiloni, in anticipo persino rispetto alla presentazione alle camere di un governo ‘neutrale’, in anticipo persino alle forme che assumerà la lista o coalizione elettorale, puzza di tatticismo. Come se volesse bruciare sin d’ora l’attuale premier, oppure immaginare anzitempo la nuova sconfitta, decidendo che proprio Gentiloni possa essere la vittima sacrificale, a propria personale difesa ovviamente. Spero soltanto che in questa marea nera di cose tutte uguali, almeno la sinistra sappia mandare un segnale diverso, faccia tesoro del già fatto e voglia andare oltre, allestendo una presenza elettorale efficace, adeguata, che faccia tesoro degli errori commessi nei mesi scorsi. Sarebbe un segnale di novità, che l’elettorato potrebbe gradire, a fronte della fissità di tutto il resto. In ogni caso siamo tutti immersi in una palude, tentare di uscirne al più presto sarebbe la cosa migliore da fare, al di là delle mosse altrui.

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