Mimmo Lucano e il Cigno nero: stili politici opposti

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 3 ottobre 2018

È curioso vedere come molti salviniani pensino al ‘Cigno nero’ come unica soluzione al dilemma europeo, e puntino dunque allo stato d’emergenza, all’incertezza, all’imprevedibilità dell’evento, allo stato di eccezione come ‘vera’ soluzione al problema della UE – ma poi contestino al povero Mimmo Lucano le buone intenzioni che lo avrebbero indotto ad andare oltre il lecito, oltre la legge, rimproverandogli proprio lo stato di eccezione (umanitaria) entro cui avrebbe agito a scapito della legge. Due pesi e due misure, quindi. Tutto ciò per dire: non ci sono soluzioni efficaci nel perimetro offerto dalla legge Bossi-Fini, quindi si è costretti a cercarle oltre la legge, ma farlo significa diventare dei briganti, e questo non è bello.

La soluzione quale sarebbe, invece? Uscire dall’Europa (riecco il Cigno nero), ossia da quell’entità sovranazionale che “scarica” su di noi i costi dell’immigrazione diretta sul nostro Paese. Acciocché, rimasti finalmente soli, confinati nella nostra piccola ‘patria e costituzione’, potremmo fare un calcolo serio delle risorse a nostra disposizione e della nostra effettiva capacità di accoglienza, e poi fissare il numero chiuso di accessi per gli stranieri, così come accade per gli iscritti a un’università. I sindaci come Lucano, a quel punto, sarebbero egualmente impotenti, egualmente in ambasce, perché la Bossi-Fini nessuno l’avrebbe cancellata. Ma almeno sapremmo che non è più colpa dell’Europa se gli immigrati diventano tutti clandestini, ma nostra, delle nostre piccole, insulse, stolte politiche nazionali.

È curioso questo dichiararsi pubblicamente a favore della permanenza nell’Euro (per primo Savona), questo legittimismo, questo lealismo d’antan, che si sposa al lancio di ordigni come il ‘2,4%’ verso Bruxelles, perfettamente consapevoli degli effetti che provocheranno laggiù, secondo me facendo anche il tifo per il Generale Spread che lavora comunque per la crisi e per il suo approfondimento. Sono convinto che questo tifo salga più dalla curva salviniana che da altre parti dello stadio, perché nessun Cigno nero potrebbe comparire se non si rassodasse dapprima il terreno, anzi non si imbellettasse il laghetto su cui dovrà elegantemente posarsi. Lo potremmo persino chiamare Generale ‘Cigno nero’, pronto a intervenire per aprire una fase nuova e decidere in nome di altri lo Stato d’eccezione, così che i neopolitici possano profittare del varco e mettere in atto, nottetempo, come furfanti qualsiasi, il Piano B, per riportarci tutti al clima caldo ed eccitante della Heimat: la casa, il focolare, la famiglia, il sangue, la terra, il luogo degli ‘identici’ a cui si aspira ritornare, come in processione, nei momenti più abissali di una crisi epocale.

Non meraviglia che questo homecoming si perpetui sottotraccia, dichiarando una cosa (restiamo nell’Euro) per volerne un’altra (usciamo dall’Euro), e ci si affidi heideggerianamente all’Evento, a ciò che si dà e che si manifesta come un dio e come tale, nel sommo del pericolo, produca salvezza. Una specie di misticismo furbesco, che allevia le responsabilità e ci fa ritenere più astuti o scaltri degli altri. Affidarsi a un Cigno nero e invocarlo, mentre si rassicurano i mercati che comunque finanziano i nostri debiti, è come sciogliere la propria responsabilità da ogni vincolo, è come tagliarla via, di netto. Responsabilità, invece, che in politica è tutto. Evviva Mimmo Lucano, allora, che il suo stato d’eccezione lo ha deciso, lo ha messo in atto, lo ha fatto per l’umanità attorno (sempre che sia davvero imputabile di qualcosa, se non di solidarietà attiva), dimostrando che il riscatto politico non è la retorica dei duri e puri, ma una fatica quotidiana e un lavoro cristallino, collettivo, disinteressato, responsabile, fatto davanti agli occhi e al cuore di tutti.

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