di Gianni Cuperlo – 20 gennaio 2019
“Siamo partiti la sera prima, eravamo 120 sul gommone, tutti senza salvagente. Dopo dieci ore ha cominciato a imbarcare acqua. Poi la gente ha cominciato a cadere in mare. Le donne tenevano in alto quei due piccoli bambini, ma poi sono cadute anche loro. E non arrivava nessuno. Noi ci siamo appigliati a qualcosa che galleggiava, siamo rimasti in acqua almeno tre ore”.
Così uno dei superstiti del naufragio, l’ultimo, davanti alla Libia. I morti sarebbero 120. Il più piccolo aveva poche settimane. Il ministro dell’Interno ha twittato la sua verità: “Tornano le Ong, gli scafisti tornano a fare affari e a uccidere e il cattivo sono io?” per poi confermare la linea dei porti chiusi. Il premier Conte si è detto choccato, ma in questa partita il suo peso è eguale a zero. Come per altro le sue parole.
La realtà è diversa. Nessuna Ong incrociava in quelle acque anche perché la sola nave rimasta è la Sea Watch che si trovava a dieci ore di navigazione dal punto del naufragio. La notizia di un gommone in avaria è rimbalzata alle 13.15 quando la Guardia Costiera di Roma ha comunicato di aver avvisato la Guardia costiera libica. La motovedetta partita da Tripoli, dicono a causa di un’avaria, è però tornata indietro e per ore a soccorrere decine di corpi non è arrivato nessuno. Poco per volta i naufraghi sono caduti in acqua e affogati. Solo ore più tardi un elicottero della Marina italiana ha messo in salvo gli ultimi tre, due ragazzi sudanesi e uno del Gambia che hanno avuto modo di raccontare cosa era successo.
L’Europa ha già perso anima e dignità in questa tragedia che si prolunga da anni. Usa il denaro per scaricare su altri le sue responsabilità che sono enormi e storiche. Prima la Turchia, poi la Libia. Soldi, motovedette (per altro poco efficienti), un addestramento promesso e che evidentemente non ha dato i frutti sperati. Nessuno, davvero nessuno, può alzarsi e puntare il dito perché una quota di colpa ricade su tutti, chi c’era prima come noi, chi c’è ora come questi. Ma quel ministro ha un carico in più. Che è per intero inciso nel suo linguaggio, nella prepotenza con la quale mente anche quando l’umanità (non i sondaggi, l’umanità) dovrebbe indurlo a tacere. “tornano in mare davanti alla Libia le navi delle Ong…” ha scritto a caldo. Non è vero. Non è semplicemente vero. Sono morti in 120 proprio perché nessuno è andato a fare ciò che uno spirito di umanità avrebbe dovuto fare.
In questo momento (e chi sa pregare lo faccia) centinaia di persone provano a salvare una creatura di due anni precipitata in fondo a un pozzo in Spagna. Un paese trepida perché tutto finisca bene. Come il mondo ha trepidato per i giovani calciatori prigionieri della terra un anno fa. E tutto andò bene. Pochi hanno trepidato per quella vita di poche settimane che adesso è sprofondata in mare. Ma che differenza c’è tra quelle vite? Cosa può deturpare il discorso pubblico, l’emozione, fino a questo punto? È diverso perché quello partito dalla Libia “se la è andata a cercare?”.
Non so se domani l’ultimo sondaggio proietterà ancora più in alto il consenso di chi ha reagito così a queste ore. Accada o meno la realtà è di un governo complice di un reato contro l’umanità. Prima o dopo ne renderanno conto.
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di Matteo Salvini su facebook – 20 gennaio 2019 ore 10
Io non sono stato, non sono e non sarò mai complice dei trafficanti di esseri umani, che con i loro guadagni investono in ARMI e DROGA, e delle Ong che non rispettano regole e ordini.
Quanto a certi sindaci e governatori di PD e sinistra anziché denunciare la presunta violazione dei “diritti dei clandestini”, dovrebbero occuparsi del lavoro e del benessere dei loro cittadini, visto che sono gli italiani a pagare loro lo stipendio. Sbaglio?





