Il 5 febbraio, la corte olandese ha ordinato l’arresto del sistema informatico SyRI (System Risk Indication), utilizzato dal governo per identificare possibili frodi fiscali, con l’accusa di non superare il vaglio della Convenzione europea dei diritti umani, e di mettere troppa pressione a soggetti economicamente vulnerabili.
Detta circostanza ci dice che la tendenza a spremere i ceti sociali più deboli non é soltanto espressione dei governi autoritari della destra europea. In questo non c’è nulla di nuovo sotto il cielo del sistema capitalistico: la legge che accomuna ogni tipo di governo che accoglie il liberismo economico é quella di sostenere il «saccheggio sociale», sostituendo l’azione umana con le macchine, per il gusto di accumulare effimera ricchezza.
Di nuovo ci sono soltanto le modalità tecnologiche: sempre e sempre più oppressive. Un esempio clamoroso lo abbiamo nella gestione dei servizi sociali: quelli che dovrebbero «tacitare le moltitudini dei governati».
Empatia é capacità individuale di comprendere in modo immediato i pensieri gli stati d’animo e le situazioni vissute di altre persone. Le pubbliche amministrazioni preposte alla cura dei servizi sociali dovrebbero selezionare i propri operatori adoperando come indice di valutazione dell’idoneità innanzitutto la capacità empatica di quest’ultimi, prima di vagliare le loro conoscenze sociologiche, metodologiche e tecnologiche.
In ambito psicoterapeutico é diffusa la consapevolezza che la migliore terapia é garantita dalla migliore capacità comunicativa tra terapeuta e utente. Questo perché tra gli stessi si stabilisce un’intesa basata sulla profonda comprensione/ immedesimazione, da parte del/della terapeuta, nelle situazioni ambientali e conseguenze psicologiche dell’utente. Tutto ciò spesso prescinde dalle conoscenze psicanalitiche, sebbene siano presenti e pronte a costituire un valido supporto professionale.
Stessa modalità operativa é consapevolmente o inconsapevolmente richiesta dagli utenti dei servizi sociali. Questo perché entrambi i tipi di intervento richiedono “capacità di aiuto”. Trattasi sostanzialmente di ambiti di «cura della persona». I/la terapeuta e l’assistente sociale, ciascuno nel rispettivo specifico professionale, hanno il dovere di prendere per mano il o i richiedenti aiuto.
Tuttavia, con angoscia oggi si apprende che in Europa si diffonde l’uso di algoritmi informatici, concepiti per indirizzare la formazione degli operatori: soprattutto in ambito pubblico e nei servizi sociali in particolare.
Ad esempio, la Danimarca ha sperimentato l’intelligenza artificiale, per monitorare minori a rischio maltrattamento. Il poi sconfessato progetto Gladsaxe utilizzava i dati forniti dal sistema centralizzato di welfare, per creare un vero e proprio modello di punteggio comportamentale. Gli algoritmi incrociavano il numero di identificazione attribuito alla nascita con i dati raccolti sul nucleo familiare, assegnando ai genitori un punteggio in base a indicatori quali reddito, educazione, divorzio, quartiere di residenza, ritardo dal dentista (300 punti) o dal dottore (1.000 punti), e problemi di salute mentale (3000 punti). Un punteggio anomalo allertava i servizi sociali, che intervenivano per prevenire abusi e procedere all’affido.
Altro che vituperato “sistema Bibiano” ! Con il Welfare State digitale, tra le numerose criticità, registriamo la perdita di interazione umana: sicuramente la più rilevante. I servizi digitali rischiano di eliminare gran parte dell’empatia necessaria, per fornire cura e assistenza adeguata: qualità ritenute non più indispensabili, per far posto all’automazione.
Nel caso danese, gli operatori pubblici che lavorano per individuare abusi su minori e frodi non sarebbero in grado di capire e spiegare perché un algoritmo ha identificato una famiglia per un intervento precoce o un individuo per un controllo approfondito. Con il progredire del “deep learning” (apprendimento profondo) i processi algoritmici diventeranno solo più incomprensibili per gli operatori sociali, relegati ad affidarsi ai risultati di questi processi, senza un accesso significativo ai dati o alla loro elaborazione.
L’uso della digitalizzazione delle conoscenze per fini sociali di-per-sè non é necessariamente negativo. Ciò che si condanna é l’uso che ne fanno i governi neoliberisti di tutta Europa, giacché la loro ispirazione é quella di applicarla alla presunta necessità di tagliare i fondi di bilancio pubblico. A tale scopo si é disposti a soprassedere sulle conseguenze, costituite da imposizioni comportamentali e forme di condizionamento professionale molto rigide. Il disagio che ne deriva ad operatori e utenti (con possibili rivolgimenti socio-politici) ai governanti neoliberisti non sembra interessare.


