STORIE DI ORDINARIA TRASMIGRAZIONE BIOLOGICA

per tonigaeta

Ho letto con vivo interesse l’articolo di Luca Billi su NuovAtlantide (1) che ha come titolo “Non andrà meglio” e paragona la situazione pandemica attuale a quella che sconvolse le stesse aeree geografiche tra il 1346 e il 1348.

La sua attenzione é concentrata sui comportamenti umani dell’epoca, derivanti da pessima informazione, carenti condizioni igieniche ovunque e il prevalere delle ragioni di mercato sulle disperate condizioni umane. Su questo aspetto esporrò meglio in seguito.

Prima vorrei sottoporre all’attenzione di chi ha a cuore la tematica altri paragoni tra pandemie storicamente subite. Ad esempio, la cosiddetta “Spagnola” e il “Morbillo”: pandemie oggetto di considerazioni da parte della Dr.sa Ilaria Capua (2). In questi giorni lei ha modo di porle all’attenzione di un più vasto pubblico, grazie alle numerose interviste televisive.

Si tratta in entrambi i casi di pandemie che fecero molti milioni di morti tra gli esseri umani. La tesi a mio avviso più interessante da lei sostenuta é che tutte abbiano in come causa comune un’alterazione dell’equilibrio biologico anticamente esistito tra le specie animali (Homo compreso). Con avvio del sistema produttivo costituito dalla tecnologia agricola, la formazione delle prime città e l’urbanizzazione dello stile di vita dell’Homo Sapiens, il suddetto equilibrio ha subito cambiamenti.

Questi traggono origine dalle stabulazioni degli animali già oggetto di addomesticamento ma dediti ai pascoli o alle avicolture ruspanti. Si tratta soprattutto di bovini, ma anche suini, caprini e avicoli. La stabulazione avrebbe facilitato la trasmissione dei virus animali alla specie Homo. Come esempio per tutti valga la peste bovina, il cui virus trasmesso all’Uomo ha poi preso il nome di “Morbillo” (3)

Quest’ultima riflessione ha confermato in me i sospetti sulla assoluta innaturalità dello stile di vita umano, maturato nel corso dei secoli decorrenti dalla 2′ metà dello scorso millennio. A tale proposito ho scritto qualcosa (che però giudico insufficiente) nell’articolo Epidemia e Pandemia: un unico messaggio. Per approfondire la validità o meno di quest’ultimo ho letto di nuovo brani del libro “La scimmia nuda” di Desmond Morris (Tascabili Pompiani).

Occorre dire che le sue tesi sulla discendenza evolutiva (e non evoluzionistica) della specie Homo (inteso come unicum) dalla specie Scimmia (anch’essa intesa come unicum) sia stata ampiamente smentita, a favore della dimostrazione scientifica della ramificazione delle scimmie antropomorfe, fino alla nascita quasi contestuale delle diverse specie di Homo. Tuttavia, c’è un aspetto delle descrizioni delle caratteristiche comuni, che intuitivamente rinviano ad un unico antenato, dal quale discendono sia le ramificazioni di scimmie sia quelle di Homo: un passaggio che forse merita più attenzione.

La differenza sembra essere fondata sul tipo di alimentazione, che per la Scimmia (secondo Morris) era fondata esclusivamente su bacche e frutti spontanei raccolti sugli alberi. Il passaggio all’alimentazione basata sulle carni delle specie oggetto di caccia, sempre secondo Morris, fu il fattore decisivo, che indusse la scimmia antropomorfa a lasciare progressivamente le foreste, per poter cacciare nelle praterie qualcosa di più sostanzioso degli animaletti boschivi. Dopo molti tentativi, costati tante vite a favore dei grandi felini, la scimmia antropomorfa (prossima ad evolvere in Homo) sarebbe riuscita ad organizzare gruppi di difesa contro i felini e di attacco a danno dei più aggredibili, prossimi a diventare prede più consistenti.

Questo passaggio sarebbe quello fondamentale, che giustificherebbe le teorie evolutive, secondo le quali l’Homo Sapiens nasce cacciatore, giacché aguzza l’ingegno per allestire strumenti di caccia sempre più efficaci.

Ilaria Capua in proposito afferma che i virus insiti nelle specie animali fossero inizialmente destinati ad accompagnare quest’ultimi soltanto nei villaggi di appartenenza dell’Homo Sapiens. Pertanto, la possibile trasmissione tra le specie avrebbe avuto un ambito molto circoscritto e, come tale, molto più controllabile.

Questa considerazione é condivisibile, ma elude un passaggio intermedio: l’agricoltura nata 10.000 anni fa ha sempre incluso l’allevamento degli animali. Il problema, pertanto, nasce solo con la stabulazione intensiva, necessaria per soddisfare la crescente domanda urbana di cibo, sotto forma di carni macellate e vendute sezionate sui banchi all’aperto e soltanto di recente confezionate.

Gran parte delle pandemie sono nate in Cina, perché questa é l’area geografica che più di tutte ha storicamente avuto impetuosi incrementi demografici, la conseguente urgenza alimentare non consentiva alle limitate risorse contadine e distributive il necessario controllo igienico.

A questo punto torno all’esempio narrato da Luca Billi circa la Repubblica Marinara di Venezia. Correva l’anno 1346 e nel nord della Cina si sviluppa una terribile pestilenza, che, attraverso la Siria, raggiunge, dopo alcuni mesi, i vasti territori dell’Impero ottomano: dalla Turchia all’Egitto, fino alla penisola balcanica. Tra la fine del 1347 e il gennaio del ’48 la peste arriva anche nel nostro Paese: a Messina, a Genova, a Pisa, a Venezia, ovvero in quelle città che sono al centro dei traffici del “mondo globalizzato” di allora, sebbene nessuno lo chiamasse così.

Il Doge di Venezia intervenne con decisione, nominando tre tutori della salute pubblica, che tra i primi provvedimenti adottati, stabilirono di isolare per quaranta giorni le navi e le persone, prima che entrassero in laguna. Nasce così la parola veneta “quarantena” (da quarantina). Nonostante questo drastico decreto, tra gennaio 1348 e maggio 1349, la città di Venezia perse circa il 60% della popolazione, che si stimano ora per allora tra le 72mila e le 90mila persone, nell’ambito dei 120/150mila abitanti dell’epoca. Ciò perché fu ritenuto assolutamente impossibile “chiudere” Venezia, fino a completamento del decorso della pestilenza. Si trattava una delle più ricche e popolate città europee, che viveva di commerci e che era uno dei più importanti porti d’ingresso per le merci del Mediterraneo orientale in Europa.

Mi sbaglierò ma sembra che (assumendo Venezia come prototipo epocale) da allora nulla sia cambiato, perché i traffici commerciali tra i continenti hanno solo trovato altri canali e soprattutto altri mezzi di viaggio e trasporto per le merci. Il motivo io credo stia soltanto nel fatto che l’esortazione contenuta all’articolo precedente (4), nel messaggio di cambiare stile di vita in modo molto più consono con le leggi della biosfera, non sia stata colta nella sua dimensione epocale. (4) In particolare, la rivalutazione (con i necessari aggiornamenti) dello stile di vita precedente allo sviluppo del modo di produzione, ambientazione e socializzazione tipicamente capitalistico: rivelatosi fatale per la biosfera e, quindi, anche per l’Homo “Sapiens” !

NOTE:

  1. Vedi https://www.nuovatlantide.org/non-andra-meglio/

  2. Ila ria Capua: virologa ed ex politica italiana, nota per i suoi studi sui virus influenzali e, in particolare, sull’influenza aviaria. Nel 2006 ebbe notevole risonanza internazionale la sua decisione di rendere di dominio pubblico la sequenza genica del virus dell’aviaria, che diede il via allo sviluppo della cosiddetta “scienza open-source“e iniziando a promuovere una campagna internazionale a favore del libero accesso ai dati sulle sequenze genetiche dei virus influenzali. Per questo la rivista Seed l’ha eletta “mente rivoluzionaria”ed è entrata fra i 50 scienziati top di Scientific American.

  3. L’agente patogeno, un virus del genere Morbillivirus, viene trasmesso principalmente tramite lo stretto contatto diretto tra animali o indirettamente tramite le evacuazioni degli animali infetti.

  4. – Vedi “Epidemia e Pandemia: un unico messaggio” in NuovAtlantide.org https://www.nuovatlantide.org/epidemia-e-pandemia-un-unico-messaggio/

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