Virtù e vizi degli italiani. Solo la politica può voltare la pagina della crisi.
Si è detto: nella crisi gli italiani danno il meglio di se stessi, mostrando tutte le loro “virtù”. È vero, non c’è dubbio che sia andata così anche stavolta. Credo, tuttavia, che non è in queste fasi che si misuri il carattere effettivo di un popolo, non quando ha “paura”, né quando non ha scelta, oppure l’emergenza lo costringe a comportamenti inequivoci. Ma è dopo, quando la crisi è finita che si ha un riscontro effettivo dei vizi e delle virtù pubbliche. Così è stato in queste prime settimane di fase due e, in certi casi, di fase tre. I dibattiti hanno assunto la forma della chiacchiera, le lamentele sono prevalse, la critica è diventata corrosiva, senza sbocchi, lo scarico delle responsabilità sta prevalendo sulla loro assunzione. Pensate a come dall’esaltazione eroica degli infermieri si è passati alla richiesta di risarcimenti oppure al ritornello dello Stato come fonte primaria di spreco e di assistenza.
Lo spartiacque si ha quando si passa dalla parola d’ordine di “più soldi alla sanità” all’altra, quella di tagliare le tasse. In certuni le due locuzioni continuano ancora a essere rivendicate assieme, ma è evidente che il taglio delle tasse è l’argomento primario e quella sulla sanità solo propagandistico, dettato dal momento. E così pure la scuola è diventata oggetto di conversioni rapide. Dalla scoperta della didattica a distanza si è passati istantaneamente a quella della ‘socializzazione’ inderogabile e in presenza. I comitati di genitori sono già pronti a fare baccano per ottenere tutto e il contrario di tutto: lezioni regolari e sicurezza totale, assunzioni faraoniche e fine delle classi pollaio, risorse infinite e rivoluzione totale. Dico spesso, ma non scherzo quasi mai, che le “mamme” saranno i “camionisti” italiani, ossia quella categoria sociale che scenderà in campo in modo testardamente ostinato e farà fare il botto alla iniziativa politica nel suo complesso.
Chi rischia di più è il governo. E non perché non sappia governare o non abbia l’autorità anche morale per farlo. La crisi Covid ha dimostrato che di Conte e dell’esecutivo ci possiamo fidare. No, il problema è un altro, ossia la sua concreta forza politica, la sua capacità di fare massa critica e di creare egemonia, e di costituirsi come coalizione E non solo come aggregato di maggioranza. Perché ciò avvenga serve un progetto di cambiamento che affronti una a una le contraddizioni che la crisi ha fatto esplodere, a partire dalla necessità di potenziare i servizi di cura, assistenza, sanitari, di dare forza alla istruzione pubblica, di rivolgersi alle figure sociali più deboli per offrire loro una prospettiva, di chiamare alla responsabilità il mondo delle imprese e di rilanciare l’economia su basi di equità.
Senza una “politica” del centrosinistra, senza una sinistra che apra un dialogo col Paese e affronti i nodi che ci strozzano, senza un nuovo tessuto di partecipazione, senza una rinascita intellettuale e morale, il destino italiano è già segnato. Altrimenti aspettiamoci un ritorno dei soliti devastatori, quelli che oggi ammiccano tra loro e le escogitano tutte pur di far saltare il tappo dell’esecutivo. Che poi sono quelli che i “vizi” italiani li incarnano tutti, in modo davvero esemplare, direi mirabile.


