Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Destra e sinistra
Scorrono sui tg in questi giorni molte immagini della scuola e molte interviste a insegnanti che, armati di mascherina e ottima volontà, stanno tentando di applicare ovunque le linee guida del governo. Sono donne e uomini che non guadagnano granché, che ogni giorno affrontano genitori che non rispettano il loro lavoro, che vengono ingiuriate perché lavorerebbero poco e che, in primis, si fanno portatrici di valori (lo studio, la cultura, la fatica dei libri) che non sono in cima alla classifica di gradimento generale. Eppure sono lì, e non solo per dovere o perché li pagano (sempre poco), ma perché amano la scuola più di tutti e perché sentono che è giusto così.
Il personale scolastico, quello sanitario, chi si occupa delle persone fragili, gli assistenti domiciliari, gli autisti dei mezzi pubblici, le cassiere e i dipendenti dei supermercati, i corrieri e tanti altri che non cito per ragioni di spazio sono le colonne su cui si regge la nostra ripartenza e la nostra vita quotidiana in tempo di Covid. Anche perché loro non si sono fermati mai e trottavano con grande sacrificio anche quando noi facevamo pizze e applaudivamo dai balconi. Lo so e ve lo dico da testimone, perché la mia famiglia è soprattutto una famiglia di insegnanti, di infermieri e di chi fa assistenza. Se un giorno tornerà la normalità, un pensiero andrà in primo luogo a loro, a chi in tempi di anormalità non si è mai tirato indietro. A chi ha fatto funzionare la sanità, a chi ha riaperto le scuole dopo mesi di didattica a distanza, a chi si è occupato di noi in molti modi e con grandi sacrifici.
Detto questo, leggo la vicenda del Presidente del Napoli e della sua positività nascosta pubblicamente. Sono due modi esattamente opposti di comportarsi. Da una parte la dedizione agli altri, dall’altra l’esatto rovescio. Non si tratta di una questione caratteriale e personale, non solo almeno. Qui è in gioco il nostro rapporto con il mondo. La nostra relazione con l’altro. Se questo rapporto è di disponibilità, cura ed empatia oppure se attorno al nostro io costruiamo una roccaforte e dentro ci conficchiamo tutti i nostri interessi più egoistici. Guardate che è questa, in fondo, la differenza di base tra destra e sinistra, una differenza che nell’atteggiamento verso gli altri si rispecchia trasparentemente. In modo così trasparente che molti nemmeno lo vedono.
Hai voglia a dire che la sinistra (in senso largo e culturale) è ormai in crisi e fuori contesto. Vorrebbe dire ignorare queste testimonianze, queste sensibilità, questi comportamenti e quest’etica pubblica. Chi riduce la sinistra alla sua mera forza politica, al fatto di creare un soggetto o meno, alle vicende del suo gruppo dirigente oppure a un alone intellettuale, compie un peccato grossolano di semplificazione. Non ne scorge le radici umane, sentimentali persino. Basterebbe allargare lo sguardo per vedere con più precisione e più dettagli quanti e quali valori in atto la sinistra incarni diffusamente, percependo incessantemente l’obbligo politico e morale di dare voce a ogni singolo pezzo di questa vita quotidiana: dai neri che sbarcano sulle nostre coste, ai più fragili che necessitano di cure, agli ultimi che vanno risollevati, ai lavoratori che devono vivere con più dignità e rispetto, a chi soffre affinché non soffra più, a chi è subordinato socialmente e culturalmente ed è giusto che abbia modo di riscattarsi. È questione di sguardo e di parole, del nostro sguardo e della nostre parole. Tutto qui.


