Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Comincia un nuovo anno scolastico. No polemiche, no perditempo.
Oggi tutti i pensieri dovrebbero andare alla scuola. Perché riapre in una situazione di grande emergenza e tra mille difficoltà, e forse proprio per questo. Dovrebbero cessare per un attimo le chiacchiere e le polemiche e si dovrebbe concedere, invece, alla più importante istituzione pubblica di un Paese moderno gli onori e la solidarietà che merita. Insegnanti, operatori scolastici e alunni varcano di nuovo le soglie degli edifici scolastici dopo sette mesi difficili, durante i quali in Italia sono morte 35.000 persone (quasi sempre anziane e fragili). La riapertura è davvero, quindi, un atto simbolico, un grande segno di speranza, per quanto il nuovo anno scolastico si dimostrerà irto (ma lo è già) di difficoltà, di ostacoli, di rischi.
In questi mesi ci saranno molti stop and go, molte chiusure parziali o locali e si potrebbe persino arrivare a una nuova fase di stop totale. Sappiamo che non saranno rose e fiori, lo sa per primo chi a scuola ci lavora, chi in queste settimane si è prodigato per applicare scuola per scuola le linee guida del governo. Ma proprio per questo, per le difficoltà e i rischi, si plachino le polemiche e il tiro al bersaglio. Ci sono dei momenti in cui l’intera comunità dovrebbe stringersi attorno ai propri concittadini alle prese con un impegno che riguarda il bene comune e accompagnare rispettosamente il cammino di milioni di persone che lavorano per il futuro del Paese.
Lo so, è difficile, ne siamo poco capaci tutti, anche perché la politica e i media oggi sono una specie di calciomercato, dove la fola e le chiacchiere a vuoto sono più apprezzate dei fatti. Eppure è questa la sfida. Oso anzi dire che la riapertura della scuola è un banco di prova non solo e non tanto per chi varcherà oggi gli edifici scolastici, ma soprattutto per chi ne discute rabbiosamente e criticamente sui giornali, sui social, nelle chat, nelle sedi politiche. La vera sfida è per i media, per la classe dirigente, per tutti i cittadini. A loro il compito di guardare con simpatia, partecipazione e solidarietà al tentativo che si sta facendo.
Se dovesse fallire, e non è ipotesi del tutto peregrina, le responsabilità non saranno di chi l’istituzione scolastica la vive tutti i giorni, ma di chi ne resta fuori ed è un semplice osservatore impegnato soprattutto ad alzare polveroni polemici senza costrutto. È sempre terribilmente più vera la frase di Kennedy, che secondo me riassume lapidariamente il senso di una comunità democratica e responsabile più di ogni altra locuzione: “Non chiedetevi che cosa il vostro Paese debba fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro Paese”. Ecco.


