IL FUTURO DELLE RSA

per mino dentizzi
Autore originale del testo: MINO DENTIZZI

All’interno delle residenze per anziani si è nel pieno della crisi pandemica, con ancora diversi morti, tanti contagiati, gli operatori che si riducono di numero e la difficoltà a trovarne altri, i rapporti difficili con i famigliari, il malessere psicologico e fisico degli anziani, i moltissimi problemi economico-organizzativi.

La pandemia ha anche svelato, spogliandolo della retorica ufficiale, il pensiero prevalente in molti politici, amministratori, direttori di Aziende Sanitarie: le Rsa sono dei “contenitori” dove “mettere” gli anziani; non sono parte di una rete di cura e assistenza, ma parte di una rete “collocativa”. Rispondono quindi alla domanda “dove la/lo metto?” e non alla domanda “dove lo/la curo?”. È proprio il fatto di essere, da sempre, considerate dai più come “contenitori che ha prodotto gravi danni per gli ospiti delle residenze e molte preoccupazioni per gli operatori e per i parenti.

Gli operatori tutti sono impegnati fino allo spasimo ad affrontare le crisi di oggi; però è anche indispensabile incominciare da subito a ideare modelli di RSA per il dopo Covid-19.

A tal fine bisogna essere capaci di operare su due indirizzi: da una parte sarà opportuno analizzate fino in fondo la crisi del momento, per individuare le criticità dove sarà doveroso intervenire per essere pronti a sempre possibili nuove e future emergenze. Dall’altra è necessario un formidabile impegno per finalmente mettere in pratica un modello da sempre desiderato da parte degli operatori più illuminati, ma raramente realizzato, di strutture per anziani in grado di offrire appropriati servizi sanitari, congiuntamente ad una competente assistenza alla persona con fragilità, il tutto integrato nella pianificazione di una giornata dove l’anziano si senta libero, curato e assistito.

Le residenze da progettare dovranno essere in grado di valutare e definire la complessità dei bisogni del singolo anziano fragile, in modo da fornire per lui soluzioni pertinenti, sfuggendo all’attuazione meccanica di schemi preconfezionati.

E’ palese che occorreranno più aiuti economici, che per soddisfare le esigenze sarà necessario un maggior numero di posti letto, che saranno inevitabili standard qualitativi e quantitativi del personale maggiori di quelli odierni, che saranno imprescindibili ispezioni e verifiche inflessibili per non lasciare spazio ai ciarlatani e a chi tratta gli anziani senza rispetto e come una merce qualsiasi, che sarà opportuno considerare le RSA non un corpo estraneo ma parte integrante  delle realtà comunali, cosicché vi sia un effettivo interscambio tra quello che la RSA può offrire alla cittadinanza in termini di servizi aperti e quello che  quest’ultima può fare per aiutare la vita degli ospiti.

Mai più infelici e desolanti esperienze di fortini assediati, oppure di piccoli ospedali senza averne i vantaggi, ma sopportandone i gravi problemi.

La questione centrale è come essere in grado di sviluppare questi concetti e come farli divenire un progetto concreto, elaborato da operatori, gestori, famigliari e associazioni di volontariato, architetti, esperti dell’organizzazione.

 MINO DENTIZZI

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