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Lo scrittore, in questo racconto, ci fa fare un viaggio all’interno della mente del protagonista. Ci fa riflettere sulle tante maschere che conosciamo, all’apparenza felici di essere circondati da amici, di avere un ottimo lavoro, una vita serena.
Quante facciate conosciamo che nascondono dietro alla spigliatezza, alla simpatia, un animo sensibile e nella loro mente invece vi è una matassa di buie idee? Idee che serpeggiano nelle ombre, inquinando quello che può essere di veramente bello: la vita.
Lo scrittore, ogni volta che il protagonista ha di questi pensieri distruttivi, lo mette davanti a delle realtà che effettivamente avrebbero tutto il diritto di disprezzare la loro esistenza eppure lottano per non soccombere.
Fabrizio, il protagonista ha una vita piena, lo scrittore ci delinea una personalità amichevole, sempre in ottima compagnia, eppure quel mostro che s’innalza senza alcun motivo è lì, bussa insistentemente reclamando la cosa più preziosa. Fabrizio non riesce a spiegarsi da dove provenga quel disagio, fin da ragazzo si sente diverso dagli altri, i pensieri mostruosi sono incalzanti. Spesso parla con sé stesso, cercando nella visuale introspettiva una soluzione. Non riesce a parlarne con chi gli è vicino, ha il timore di far fronte alla loro naturale curiosità. È una parte di sé che tiene nascosta.
Il protagonista ha una accesa discussione sulla fede con un amico, il pensiero di cambiare si aggroviglia, sarà sufficiente per una svolta?
Bisogna scoprirlo solo leggendo…
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solestellina78
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Un senso di vuoto, di profonda solitudine e tristezza. Ecco cosa prova. La morte dei suoi genitori, prima della madre e poi del padre, hanno sì influito negativamente sul suo umore, ma non si può dire che ciò sia la causa principale del suo disagio esistenziale. Desidera la morte da qualche tempo. Come se questo mal di vivere lo perseguitasse da sempre. Una cosa innata, si potrebbe quasi dire. Ma è veramente così, o più semplicemente esiste un motivo che lo stesso Fabrizio non riesce, o non vuole, focalizzare? L’ultima volta ci aveva tentato una decina di giorni fa, impiccandosi. Tutto era stato preparato a puntino: una robusta corda col cappio e un albero secolare scelto in aperta campagna. Non doveva fare altro che legare la corda all’albero, salire su una base qualsiasi, infilare la testa nel cappio e lasciarsi penzolare all’ingiù. Tutto era andato perfettamente, fino all’atto finale. Lì qualcosa l’aveva bloccato e, nel momento in cui doveva chiudere gli occhi e lasciarsi andare, non ce l’ha fatta. Un ennesimo fallimento, è il parere dell’uomo, dopo una serie di tentativi andati a vuoto, iniziati sopra un promontorio col desiderio di buttarsi in mare lasciandosi annegare. Un ulteriore frustrazione, a suo modo di pensare, che non fa altro che aumentare il suo senso di impotenza. Da questo sembrerebbe che Fabrizio non abbia fatto nulla per tirarsi fuori dall’incredibile situazione; e invece non è così. Ci ha tentato con tutte le sue forze, o quanto meno, non ha lasciato nulla di intentato, cercando di trovare un qualsiasi spiraglio di luce. Compresa qualche esperienza amorosa, non andata poi a buon fine. Da qualche anno frequenta una donna, vedova senza figli, Bruna, insegnante di lettere, di una decina di anni più grande di lui. Non è certo la donna dei suoi sogni, e non si può nemmeno definire la sua compagna ma ogni volta che è insieme a lei riesce a distrarsi, ad allontanare per un po’ il funesto pensiero dalla sua mente. E poi fa sesso; un piacere che è ancora vivo, al quale non si nega affatto. Con Bruna c’è anche una buona intesa culturale, basata sulla lettura e il teatro.
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